Sono bianco, vecchio (ultranovantenne), maschio ed eterosessuale. Con ciò, secondo giudizi oggi diffusi, mi trovo nei gradini più bassi della scala sociale.
Nella mia ingenuità non riesco a farmene conto. Non ho chiesto io di nascere a Lugano piuttosto che in Nuova Caledonia, in tal caso sarei un Maori con la pelle più scura. Parimenti nessuno ha domandato se ero d’accordo di nascere nel 1930, e se non avessi preferito nascere anni dopo. Regole biologiche, penso ancora valide, mi hanno definito maschio ed ho poi praticato l’eterosessualità senza pormi (avrei dovuto?) problemi.
Ho confidato le mie ambasce ad un amico, che mi ha invitato a passare, come si dice, all’acqua bassa perché oltretutto avevo dimenticato la qualifica di erede di schiavisti. Il fatto che i miei avi, dei quali non ho notizia alcuna, secoli fa fossero con tutta probabilità contadini che conducevano una vita più simile a quella degli schiavi che degli schiavisti non ha alcun rilievo per il tribunale dell’opinione pubblica.
Lì conta il moralismo e non valgono gli argomenti. Anche il fatto che il deplorevole fenomeno della schiavitù nel Medioevo abbia origini arabo-africane, che gli europei venivano fatti schiavi dai pirati saraceni nel Mar Mediterraneo, che il maggiore mercato di schiavi fosse ad Algeri, che gli Stati del Medio Oriente e dell’Africa hanno abolito la schiavitù con decenni di ritardo su quelli europei non ha alcuna importanza. Il credo è: i bianchi sono schiavisti.
Fortunatamente la mia crisi di sconforto fu di breve durata perché mi è capitato di leggere “Die Selbstgerechten” di Sahra Wagenknecht. Per chi non lo sapesse, la signora Wagenknecht è una delle più autorevoli esponenti del partito di estrema sinistra germanico “Die Linke” che da anni rappresenta in parlamento.
Scrive che in Germania i bianchi vecchi sono il “Feindbild”, l’oggetto preferito di pesanti critiche di coloro che appartengono allo “Lifestyle” di sinistra. Vengono associati ai rozzi ed ignoranti che per il fatto di acquistare carne da Aldi, Lidl e simili supermercati vengono definiti “Umweltsau” (Sau è il porco che nel caso specifico rovina l’ambiente, pag. 24).
La Wagenknecht è preoccupata per il clima avvelenato degli odierni dibattiti dove si moralizza invece di argomentare, constata che i democratici dissensi di opinione sono sostituiti dagli atteggiamenti dell’indignazione rituale, dalla diffamazione morale, dall’odio dichiarato. Preoccupazione che siamo in molti a condividere.
Alla ricerca delle responsabilità per tale situazione invita a non fermarsi alla superficiale affermazione che la colpa è dei partiti di destra e di politici, pure con tutti i loro difetti e volgarità, alla Trump. Sì, essi vi contribuiscono, dice l’autrice, ma non sono l’origine bensì il “prodotto” di una società profondamente dilaniata. Non ci sarebbero stati un Trump e l’AfD (partito di destra germanico) se il terreno non fosse stato preparato (pag. 11). Per lei i responsabili sono i “Linksliberalen” (i liberali di sinistra), che potremmo anche definire i progressisti da salotto, gli arroganti dell’intellettualità annidati nelle università, negli USA i “liberal” della East Coast.
Il “Liberismo di sinistra”, dice la Wagenknecht usando una terminologia che può prestarsi a qualche malinteso, è una corrente di pensiero intellettuale-politica che in questi ultimi anni ha guadagnato spazio definendosi in modo equivoco, non essendo in effetti né di sinistra né liberale.
Si caratterizza per l’intolleranza verso chiunque non ne condivida le opinioni, non difende l’eguaglianza ma le quote e la diversità, vale a dire è per il trattamento diseguale.
Trova la sua base nelle classi sociali del ceto medio accademico e finanziariamente ben dotato delle grandi città. Tanto a proposito della politica per gli immigrati, di quella climatica, del coronavirus l’arroganza dei loro atteggiamenti fa guadagnare consensi ai movimenti e populismi di destra.
Nel libro viene citato l’appello dell’estate 2020 di 153 intellettuali capeggiati da Noam Chomsky, Mark Lilla, Joanne K. Rowling e Salman Rushdie (non certo esponenti della sinistra) che deprecano il fatto che lo scambio di informazioni e idee viene sempre più mortificato, e il diffondersi di un’atmosfera di un’inaccettabile intolleranza verso chi non la pensa come noi, l’esclusione, la tendenza a mutare complesse questioni politiche in certezze morali.
Fin qui non ho fatto che riferire le tesi del libro citato, astenendomi dall’aggiungere del mio. Ovviamente su molti temi mi trovo su altre sponde e ho giudizi diversi da quelli della Wagenknecht che fa affermazioni decise ma non si sottrae al dialogo. In questa atmosfera di caccia alle streghe per chiunque non condivida il pensiero di moda, atmosfera che permette nel Canada di bruciare i libri del simpatico Obelix perché irrispettosi della popolazione di allora (!!!), le affermazioni che ho citato, pur discutibili, sono una boccata d’aria fresca. Oggi i giudizi sono sostituiti dai pregiudizi. Non sorridete se proprio io, per difendere la categoria dei bianchi, vecchi, maschi, eterosessuali, ho dovuto ricorrere all’ausilio dell’estrema sinistra.

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