Il gruppo parlamentare UDC alle Camere federali ha depositato in entrambi i rami del parlamento, relatore per la Camera del Popolo Franz Grüter e relatore per la Camera alta Marco Chiesa, una mozione nella quale si chiede che il Consiglio federale rinunci alla candidatura della Svizzera per un seggio al Consiglio di sicurezza dell’ONU per il biennio 2023-2024. L’atto parlamentare, depositato ieri in Consiglio Nazionale e stamane al Consiglio degli Stati, mira a evitare che il nostro paese s’immischi in giochi di potere internazionali incompatibili con il nostro statuto neutrale.

Il capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite prevede infatti sanzioni non militari e interventi militari, che vengono decisi dai 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Attualmente, 14 regimi di sanzioni sono stati decretati dal Consiglio di Sicurezza. Solo negli ultimi sei anni, sono stati adottati 3 nuovi regimi. Altri sono stati estesi o modificati. Tali poteri sono chiaramente incompatibili con la secolare neutralità elvetica – così come sono incompatibili con l’indipendenza della Svizzera.

Spesso, le decisioni prese nel Consiglio di Sicurezza non sono basate su valori umanitari o democratici, ma sono soggette a mere maggioranze politiche di potere. La suddivisione che esiste all’interno del Consiglio tra i cinque poteri con diritto di veto (i “membri permanenti”) e i dieci “membri non permanenti”, mina la credibilità stessa di ogni “membro non permanente”.

Sedendo nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come “membro non permanente” nel biennio 2023-2024, la Svizzera non solo si subordinerebbe a questi rapporti di forza, ma danneggerebbe irrimediabilmente anche la sua tradizionale e rispettata equidistanza.

La Svizzera occupa una posizione speciale nella politica internazionale. I “buoni uffici” che la Svizzera offre le permettono di promuovere il dialogo globale e di riunire gli Stati in conflitto a un tavolo. Con un seggio nel Consiglio di sicurezza, la Svizzera perderebbe credibilità e sarebbe costretta a prendere posizioni trancianti e talvolta guerrafondaie su questioni complesse nelle quali, al contrario, il nostro Paese potrebbe giocare un ruolo attivo quale promotore di soluzioni concilianti. 

UDC Ticino