La Quairmesse di Lugano è stata l’offerta culturale che mancava, regalando ai  ticinesi finalmente spazi e tempi da troppo tempo negati. Dagli stessi fruitori la sopresa per questo cambio di rotta così radicale. “Davvero? Era ora!”

Parco Ciani aperto, vari palchi ovunque, musica dalle sette di sera alle cinque di mattina, entrata libera, possibilità di portarsi una bottiglia d’acqua o qualche latta di birra da casa. Non solo: per i talenti locali tanto spazio sui palchi.

Chiacchierando con questi ultimi, qualcuno si sbilancia: “È più facile suonare fuori, che a casa nostra”.

Traduciamo: scelte economiche da parte degli attrattori locali hanno portato il borgo di Lugano negli ultimi anni a concentrarsi su (pseudo)discoteche con musica latino-americana, gangsta-trapper meridionali e cultura della polvere, smorzando tutte le forme alternative (pensiamo ad un Palco ai Giovani per citare un illustre defunto) che davano opportunità ai giovani di esibirsi od anche solo raccogliersi. Se sei ticinese e vuoi esibirti, non trovi fisicamente spazi nel Ticino 2022.

  Procediamo; se l’immobilismo (o peggio) hanno segnato un certo distacco tra istituzione e cittadino – tanto da rinominare il borgo in la città dimenticata –  ecco che quanto avvenuto questo weekend rappresenta un po’ un fulmine a ciel sereno ( e certamente gradito): la presa di coscienza che esiste un pubblico cosmopolita, che esige la libertà degli spazi pubblici, e che necessita di un’offerta frugale, oserei “economica” per socializzare.  Parlando di risultati, Lugano come istituzione ha finalmente creato un’offerta valida per il cittadino (spesso studente o di estrazione modesta) che non può spendere più di 20 fr a serata, lenendo in parte alla  digger culture con cui si è consapevolmente voluto picconare (tanto) in 5-10 anni. Solo ragazzini e studenti? No: è soprattutto il rendersi conto (ed ecco il punto che ha finalmente colto Lugano!) che siamo di fronte ad una società differente, che necessita di stimoli che nel mondo di prima erano magari relegati a poche avanguardie, ma ora invece manifesta, intergenerazionale e trasversale.

A sorprendere il pubblico, più che l’offerta musicale in sé, è stata la possibilità di poter restare a Lugano, legalmente, in spazi consoni fino alle 5 del mattino senza dover schivare proiettili di gomma, sorbirsi il cineforum fantozziano-zapatista od ancora imbustarsi in un qualche carnaio latineggiante.

 Lugano resta ancora distante/sorda su questo tema, ma quanto visto, fruito e raccolto in questi giorni è uno spiraglio di luce che piace e trasmette speranza.

Va ribadito per correttezza, già con Buskers negli scorsi anni Lugano ha iniziato cautamente il percorso addentrandosi in questo tipo d’offerta, ma quanto proposto negli scorsi giorni è seminale proprio per l’impostazione, inedita, da parte delle istituzioni dopo un periodo cupo. Speriamo di poter vedere tali risvolti anche nell’arte urbana fuori dalle sedi più blasonate, o che il team culturale di Lugano continui a spingere anche per gli “ultimi” come mostrato in questi giorni.

Maurizio P. Taiana