Pubblichiamo questo atto parlamentare attendendo il seguito

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Abusi e molestie nelle scuole. È ora di agire seriamente.

La vicenda dell’arresto del direttore delle scuole medie di Lugano, accusato di atti sessuali
con fanciulli, solleva una serie di domande relative alla gestione di questi casi all’interno
della scuola.

I fatti sono noti e di una gravità estrema e, purtroppo, non si tratta di un caso isolato.
Recentemente avevamo sollevato la vicenda del docente cinquantenne (licenziato da una
scuola privata) che aveva avuto una relazione “consensuale” con un’allieva e che era
semplicemente stato trasferito in un’altra sede senza che nessuno dei colleghi e delle
colleghe fossero stati per lo meno avvertiti. Ma possiamo anche ricordare il caso del
docente di Arbedo Castione o ancora i recenti casi avvenuti in ambito sportivo o ricreativo.
Senza dimenticare quanto avvenuto a UNITAS o ancora all’interno del DSS diversi anni fa.
Il copione sembra essere purtroppo sempre lo stesso, vittime che provano a parlare senza
essere credute, genitori che esprimono dubbi senza essere ascoltati, segnali che non
vengono colti in maniera adeguata.

Eppure pensiamo che in questo ultimo caso alcuni elementi su cui si sarebbe potuto
riflettere c’erano di sicuro. Elementi che gettano diverse ombre sull’operato del
Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport.
Ci riferiamo in particolare al fatto che nell’anno accademico 2017-2018 il docente (non
ancora direttore) aveva proposto un percorso didattico sull’educazione alla sessualità e
all’affettività all’interno delle lezioni di latino. Percorso che aveva suscitato ampie critiche
da parte dei genitori degli allievi e delle allieve, preoccupati soprattutto dalle modalità
utilizzate e dai testi sottoposti ai ragazzi e alle ragazze (dal Kamasutra a testi sui
Baccanali tanto per fare qualche esempio). Il percorso inoltre prevedeva l’attivazione di
una chat di WhatsApp riservata agli allievi e alle allieve e gestita dal docente per
condividere le proprie esperienze personali. Percorso didattico documentato dalla tesi di
abilitazione presentata presso il DFA. Tesi nella quale si può anche leggere che il docente
era stato “improvvisamente” trasferito dalla sua sede a quella di Lugano, apparentemente
senza motivazione.

Una vicenda che pone domande anche sui criteri con cui vengono scelti i quadri dirigenti.
Sappiamo che le condizioni di lavoro di questi funzionari dirigenti è particolarmente
difficile, le responsabilità sono elevate e gli spazi di autonomia decisamente ristretti.
Queste difficoltà sembrano tradursi in una scarsa attenzione nella selezione dei candidati
e delle candidate che vengono spesso scelti per le loro capacità amministrative e la loro
diligenza nei confronti della linea del Dipartimento e non tanto per le loro reali capacità di
gestione di una scuola media. Senza dimenticare, a conferma duna crisi delle “vocazioni”
a direttore-direttrice per le ragioni qui sopra richiamate, che spesso la scelta cade
sull’unico candidato (ancora oggi sono rare le candidate…)

La scuola dovrebbe essere un luogo protetto dove ragazzi e ragazze possano vivere al
riparo da abusi e soprusi di vario genere; fatti come quelli accaduti devono quindi essere
presi su serio e necessitano di essere chiariti.
Per questo chiediamo al Consiglio di Stato:

  1. Quali sono i criteri che portano alla nomina di direttore e direttrici? Nella selezione dei candidati/e vengono prese in considerazione competenze in ambito socialerelazionale? Come è possibile che un docente “improvvisamente” trasferito dalla sua sede venga poi, relativamente poco tempo dopo, nominato direttore? Quali erano stati i reali motivi all’origine del trasferimento immediato?
  1. Non ritiene necessario aprire una riflessione sulle condizioni di impiego e di lavoro di
    direttori e direttrici (introducendo per esempio la co-direzione) per rendere
    maggiormente attrattivo il ruolo e poter contare su un maggior numero di candidate e
    candidati disposte ad accettare il ruolo e a condividerne responsabilità e carico di
    lavoro?
  2. Il Dipartimento era a conoscenza del progetto didattico di educazione alla sessualità
    promosso dal docente? Se no, com’è possibile che la direzione dell’istituto che era stata
    investita da una serie di domande da parte dei genitori degli allievi e delle allieve
    coinvolte – che avevano portato anche alla convocazione di un’assemblea dei genitori –
    non abbia pensato di informare i vertici del Dipartimento? Se sì, quale è stato
    l’intervento del DECS?
  3. Già nel 2015 esistevano delle raccomandazioni per l’utilizzo dei social media nelle
    scuole dalle quali si evince che l’uso dei Social media privati e aperti (tra cui appunto
    WhatsApp) in ambito pedagogico didattico “è consentito solo dopo attenta analisi delle
    opportunità e dei rischi (per esempio, accesso alle informazioni da parte di terzi)”; Il
    Dipartimento poi invitava i docenti e le docenti a utilizzare i social media istituzionali e a
    prendere comunque contatto con il Centro di risorse didattiche e digitali (CERD). In
    questo caso il CERD è stato informato dell’uso di WhatsApp? Se no, come è stato
    possibile vista la regolamentazione esistente? Se sì, che valutazione ha dato del
    progetto?
  4. Ritiene che nel caso specifico l’utilizzo di una chat Whatsapp fosse esente da rischi e
    garantiva la protezione degli allievi?
  5. Non ritiene necessario agire per fare in modo che docenti e personale scolastico siano
    adeguatamente formati per affrontare casi come questi?
  6. Alla luce di quanto emerso ritiene che il codice di comportamento del personale
    emanato in gennaio del 2022 sia uno strumento sufficiente e adeguato per far fronte a
    queste situazioni?
  7. Non ritiene necessario attivare un servizio, esterno al Dipartimento, a cui allievi e
    allieve, docenti e personale scolastico possano rivolgersi in caso di abusi subiti o
    intercettati per capire come muoversi senza necessariamente passare direttamente
    attraverso una denuncia?

Per il gruppo MPS-POP-Indipendenti
Angelica Lepori, Simona Arigoni, Matteo Pronzini
Bellinzona, 20 settembre 2022