Secondo la leggenda, un mattino di marzo di 1600 anni fa, fu posata la prima pietra della chiesa di San Giacomo di Rialto (San Giacometto). Era il 25 marzo del 421, e la città di Venezia nasceva o, meglio, rinasceva in un mondo ormai prossimo alla distruzione. Pochi anni dopo, infatti, nel 452, l’ultima città romana in terra veneta, Aquileia, sarebbe stata distrutta dagli Unni di Attila: cominciava così l’agonia dell’Impero Romano, prossimo alla fine.

Mentre un mondo moriva, un altro ne nasceva. In un periodo denso di invasioni e flussi migratori, le genti venete (preesistenti in realtà da millenni e presenti nel padovano, tra l’altro, anche quando lo spartano Cleonimo di Sparta attraccò sul Brenta nel III secolo a.C.), ponevano i primi insediamenti negli isolotti delle lagunari.

Una terra insalubre, in cui spesso imperversava la malaria, diveniva così patria di un regno, anzi, di un gran ducato, destinato a dispiegare i propri gonfaloni nella gloria dei secoli.

Così, giovedì’ 25 marzo 2021, per celebrare la data simbolica (tale, in quanto gli storici non concordano sulla data esatta), per la stessa ricorrenza dell’Annunciazione dell’arcangelo Gabriele alla Vergine Maria, il Patriarca Francesco Moraglia celebrerà una messa nella Basilica di San Marco: per via delle ferree regole anti-Covid in vigore, la messa verrà trasmessa in diretta attraverso il network ‘Antenna 3’ e il profilo Facebook di ‘Gente Veneta’.

Dalle 16 tutte le chiese della Laguna suoneranno a festa: una speranza di rinascita, in tempi così duri. Alle ore 18.30, infine, la Rai tributerà un omaggio alla Serenissima, mandando in onda su Rai 2 uno speciale dedicato a Venezia per raccontare i sedici secoli di storia.

E di storia, a Venezia, ce n’è tanta. Dai finanziamenti della Lega Lombarda contro il Barbarossa a Marco Polo scopritore della Cina, in un medioevo feroce ed energico, in cui rilucono bene e male, come la rocambolesca fuga dei veneziani da Alessandria d’Egitto con le spoglie di San Marco (e, forse di Alessandro Magno), sottratte ai mussulmani, al sacco di Costantinopoli del 1204, che depredò letteralmente a città bizantina (la quadriga romana esposta a Palazzo Ducale è, per l’appunto, proveniente da Bisanzio, così come il tesoro custodito nella Basilica, che fu in parte bottino trafugato da Bisanzio); dall’accoglienza dei bizantini fuggiti, nel 1453 da Costantinopoli in mano ai turchi, alle cento navi che la Serenissima diede alla corona di Spagna per contribuire alla vittoria di Lepanto nel 1571, a, infine, la consegna ed il tradimento del filosofo Giordano Bruno alla Santa Inquisizione Romana. E poi la caduta, nel 1797, per opera di Napoleone Bonaparte, la parziale rinascita sotto gli Austriaci, le finestre letteralmente sbattute in faccia all’imperatore Francesco Giuseppe e consorte durante la loro visita lagunare nel Lombardo Veneto, sino alla battaglia di Lissa, nel 1866, quando l’Italia annetté definitivamente la città al Regno neonato. Una storia controversa, certo, fatta di bene e di male, di torbide passioni e libertinaggio, i cui nomi più celebri, da Casanova a Goldoni, s’intrecciano a quelli ignoti dei nobili dalle friulanette (pantofoline) rosse, come si conveniva al loro stato, a quelli delle suore che si prostituivano coi marinai, come vuole una leggenda di un’isola attualmente abbandonata.

Perché alla fine, come ben palesa il Palazzo Ducale, straordinario intarsio di oro e gioielli, con le sue prigioni, buie e umide, terribili, nei basamenti, Venezia stessa è un intreccio di ombre e di luci, e della storia è un sospiro, come il celebre ponte.