di Cristina T. Chiochia
Ci sono mostre, come quella a cura di Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo, che stupiscono non tanto per la location (il bellissimo museo del 900 a Milano in piazza Duomo nella vicina Italia) ma per la capacità di esprimere una sintesi acuta del lavoro di un uomo che era maestro ed allievo assieme. Come nel caso di Sironi. Mostra preziosa dunque molto ben curata e da visitare.
Non un caso poi che si svolga dal 23 Luglio 2021 sino a Marzo 2022 in modo quasi bene-augurante: a cavallo tra le stagioni più “dense” a Milano: la fine dell’estate, l’autunno e l’inverno, sino quasi a prolungarsi alla primavera come nel futuro, che Sironi tanto amava.
Comasco, ma nato a Sassari, la mostra di Mario Sironi segna un grande e approfondita retrospettiva che ripercorre un pò anche la sua vita che, come recita l comunicato stampa: “ripercorre l’opera del Maestro a sessant’anni dalla morte. La mostra, in programma dal 23 luglio 2021 al 27 marzo 2022, è curata da Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo, direttrice del Museo del Novecento, in collaborazione con Andrea Sironi-Strausswald (Associazione Mario Sironi, Milano) e Romana Sironi (Archivio Mario Sironi di Romana Sironi, Roma).Centodieci le opere esposte, che ne ricostruiscono l’intero percorso artistico: dalla giovanile stagione simbolista all’adesione al futurismo; dalla sua originale interpretazione della metafisica nel 1919 al momento classico del Novecento Italiano; dalla crisi espressionista del 1929-30 alla pittura monumentale degli anni Trenta; fino al secondo dopoguerra e all’ Apocalisse dipinta poco prima della morte”. Artista segnato dall’interventismo e dalla guerra, Sironi esprime con questa mostra la grande passione per il suo secolo, anche grazie al suo lavoro di grafico ben testimoniato nelle prime sale della mostra, e quel gusto per l'”accorpamento” che lo accompagnerà sino ai lavori della Triennale che si evince nella seconda parte della mostra stessa.
Uomo caparbio e poetico insieme, in particolare è nei lavori sulle periferie degli anni ’20 che inizia la sua contaminazione politica. Un vero “novecentista” che non rifiuta l’esperienza. Essere e rappresentare. Tra conclusione ed inizio.
Che è anche il senso di questa mostra, come ha detto la curatrice stessa della mostra :“Il senso di una grande mostra dedicata a Sironi al Museo del Novecento sta anche nell’identificazione del suo segno nella rappresentazione del paesaggio urbano di Milano: nella resa livida e di struggente bellezza delle sue periferie, nella tragica sintesi delle figure umane del periodo fascista, nella relazione con l’arte pubblica che ha segnato il capoluogo lombardo negli anni trenta del secolo scorso” queste le parole di Anna Maria Montaldo, che oltre che curatrice, è amche la Direttrice del Museo.Tra le sale, insomma, le figure umane che prendono spazio e che scompaiono, insieme alle “desolate pagine del mondo moderno” con le periferie. E poi. Il decorativismo. Le sue figure massicce tipiche “sironiane” . Sale che espongono veri capolavori, quelli della mostra come quelli in prestito dalla Casa Museo Boschi Di Stefano a Milano, la stessa Pinacoteca di Brera, Ca’ Pesaro e la Fondazione Guggenheim di Venezia ( ma anche il MART di Trento e Rovereto e alcune collezioni private). Concludendo, si segnala il bel catalogo che espone quasi in un “accorpamento” una vera e propria scoperta antologica sironiana.
Sviluppato per piani che fanno da guida al lettore, il catalogo mostra e riunisce in un’opera approfondita, i più significativi del Maestro.
Un grande progetto editoriale unico della casa editrice Ilisso. Un volume tra saggio e nalisi analitica, con ottime schede ed approfondimenti unici (si segnalano gli scritti di Elena Pontiggia, studiosa dell’artista ed autrice della sua prima biografia e dove Sironi viene rappresentato come il genio che è stato e che è presentato nella mostra infatti si legge nel catalogo: “attraverso migliaia di disegni illustrativi per l’editoria e la cartellonistica, ha dispie[1]gato una energia magistrale espressa nella sintesi grafica, connotata da una impressionante incisività che ottimizza forza e sintesi, nel ricorso a un tratto che reca in sé una grandiosità monumentale,debito culturale verso Margherita Sarfatti, ma anche tensione espressiva insita nella sua primigenia poetica. Questa ulteriore occasione espositiva, innestata sulla scia di una rinnovata sottolineatura del valore dell’artista,suggerisce come sarebbe tempo di esaminarne l’opera attraverso una lettura sottoposta al vaglio dell’analisi più strettamente legata a parametri fissati dalle “leggi dell’arte”, accettando il fatto che la condizione dell’artista di ogni tempo sia sempre stata quella di una maggiore preoccupazione, nel fiancheggiare o meno il potere, a sostenere, esprimere e amplificare il proprio ego individuale”.
Sironi tra difficoltà ottiche e prospettiche anche nella seconda parte della mostra, quella dei muri dipinti dove sempre in leggera diagonale le sue figure si mostrano e si palesano. Le sorti della sintesi e della grandiosità. Figure che danno consistenza del muro su cui sono dipinte. Pittura murale ed anni 30 Uno sguardo dietro la facciata. Che ancora oggi, in questo importante evento per l’anniversario, lo rendono figura di spicco del novecento italiano.
Si segnala inoltre che sono esposti, infatti, alcuni capolavori che non comparivano in un’antologica sironiana da quasi mezzo secolo (come recita il comunicato stampa che cita: l’affascinante Pandora, 1921-1922; Paese nella valle, 1928; Case e alberi, 1929; L’abbeverata, 1929-30), e altri completamente inediti. Da vedere.
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