L’8 aprile del 2000 un articolo del quotidiano britannico The Times riportava la tesi di un professore italiano in pensione secondo cui il famoso scrittore inglese William Shakespeare in realtà era di nazionalità italiana, siciliano di Messina per la precisione.
L’ipotesi, che aveva fatto ben presto il giro di mezza Europa e mandato su tutte le furie gli inglesi, era stata avanzata da Martino Iuvara, 71enne docente in pensione, che dal 1990 passava gran parte del suo tempo allo studio della vita di Shakespeare.
Nell’articolo pubblicato dal Times si leggeva: “Il mistero di perché William Shakespeare sapesse così tanto dell’Italia ed avesse messo tanto dell’Italia nelle sue opere è stato risolto da un accademico italiano, secondo cui Shakespeare non era affatto inglese, ma italiano.
Le biografie del Bardo ammettono che ci sono moltissime lacune nella sua vita, ma attestano che Shakespeare era figlio di John Shakespeare e Mary Arden, che era nato a Stratford on Avon nell’aprile 1564 e che là sia stato sepolto nell’aprile del 1616. Tuttavia, il professor Martino Iuvara, 71 anni, siciliano ed ex insegnante di letteratura, sostiene che Shakespeare era siciliano, che era nato a Messina e che si chiamava Michelangelo Florio Crollalanza. A 24 anni era fuggito a Londra a causa dell’Inquisizione, perché appartenente al rito Calvinista e lì aveva cambiato il suo nome nell’equivalente inglese, ossia Shakespeare.
In un’intervista il professor Iuvara ha detto che la chiave del mistero era il 1564, l’anno in cui a Ginevra era morto l’umanista e teologo Giovanni Calvino. Era l’anno in cui Michelangelo Florio Crollalanza era nato a Messina, figlio del medico Giovanni Florio e di una nobildonna della famiglia Crollalanza, entrambi seguaci di Calvino.
L’Inquisizione era sulle tracce del dottor Florio a causa delle sue idee eretiche calviniste e la famiglia si era allora rifugiata nel Veneto. A Treviso aveva acquistato Casa Otello, costruita da un mercenario veneziano che si chiamava appunto Otello e che, secondo quanto si raccontava, anni prima in preda alla gelosia aveva ucciso la moglie.
Michelangelo Florio Crollalanza aveva dunque abitato in questa casa e aveva studiato a Venezia, Padova e Mantova, viaggiando in Danimarca, in Grecia, in Spagna ed in Austria. Era diventato amico del filosofo Giordano Bruno, che doveva essere bruciato sul rogo per eresia nel 1600. Bruno, dice il professor Iuvara aveva forti collegamenti con William Herbert, Conte di Pembroke e con il Conte di Southampton. Nel 1588, a 24 anni, Michelangelo si recò in Inghilterra sotto il loro patronato. Sua madre, la signora Crollalanza, aveva un cugino inglese a Stratford on Avon, che prese il ragazzo in casa. Il ramo italiano di Stratford aveva già tradotto il cognome in Shakespeare ed aveva avuto un figlio chiamato William, che era morto prematuramente. Michelangelo, dice il professore Iuvara, ha semplicemente preso questo nome per sè stesso, diventando William Shakespeare.”
A leggerla così la faccenda ha due sbocchi: o la si considera una scemenza e la faccenda è chiusa o la si considera attendibile e si parte alla ricerca di ulteriori dettagli a sostegno delle origini italiane di William Shakespeare.
Un elemento a favore della tesi potrebbe essere il fatto che delle 37 opere scritte da Shakespeare almeno 12 sono ambientate in Italia: Romeo e Giulietta – Otello – Due signori di Verona – Sogno di una notte di mezza estate – Il mercante di Venezia – Molto rumore per nulla – La bisbetica domata – Misura per misura – Giulio Cesare – Il racconto dell’inverno – La Tempesta.
Certamente questa preferenza per l’Italia potrebbe invece non significare nulla di particolare se non il gusto di uno scrittore inglese per un paese “colorato” e caldo, in contrapposizione alla fredda e grigia Inghilterra. Così la pensa lo scrittore italiano Andrea Camilleri, che nel suo articolo intitolato “Shakespeare picciotto di Canicatti” scriveva: (…) Le tante opere di Shakespeare ambientate in Italia non sono una prova valida. Tanto per fare un esempio, al tempo del fascismo molte commedie erano ambientate in Ungheria, dove gli adulteri potevano accadere in libertà, mentre in Italia il regime ci voleva tutti di assoluta fedeltà. E poi uno scrittore nato in Sicilia non può fare a meno di parlare e scrivere della sua terra. Quanti sono i drammi di Florio-Shakespeare che si svolgono, che so, a Canicattì? E come mai tra tanti sicari non c’è manco l’ombra di un mafioso? Come mai, tra tante efferatezze, non c’è un incaprettamento?”
(fine parte 1 – continua)