Ho ritrovato nel mio cassetto questa intervista, che ripropongo ai miei lettori.

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Francesco De Maria Provocatoriamente, incominciamo dal peggio. Che cosa sa dirci delle manipolazioni nell’universo dei media? E che cos’è esattamente uno spin doctor?

Marcello Foa Purtroppo la manipolazione dei media è… una tentazione in cui cadono molti. Se noi ripensiamo ad alcuni recenti grandi fatti – dall’abbattimento della statua di Saddam Hussein all’allarme ingiustificato per l’influenza aviaria al panico per l’influenza suina – ci accorgiamo come diversi episodi, che sembrano comprovati e indiscutibili, in realtà sono frutto di una colossale manipolazione. Gli spin doctor sono gli esperti di comunicazione che superano la linea rossa della comunicazione e che, abbinando la conoscenza delle logiche dei media con tecniche di condizionamento psicologico delle masse, riescono a manipolare i media e l’opinione pubblica. Io li ho definiti “stregoni della notizia” e la loro influenza è crescente, soprattutto all’interno dei governi dei Paesi più importanti e delle grandi istituzioni internazionali.

Oggi, sempre più, noi viviamo sotto un diluvio di parole, che letteralmente ci sommerge. Io lo verifico su me stesso. Si perde il filo, si perde il controllo. Come possiamo salvarci?

MF Il diluvio non è solo di parole, ma di notizie. Viviamo nell’era della sovrainformazione che induce alla bulimia informativa, devastante ma effimera. Le notizie entrano ed escono dalla nostra mente. Siamo letteralmente bombardati, distratti, sovrainformati su certi aspetti marginali e frivoli, sottoinformati su altri che invece meriterebbero una grande attenzione da parte dell’opinione pubblica. L’unico antidoto è di incoraggiare ogni cittadino ad essere esigente e giustamente critico, a premiare quei giornalisti e quelle testate che cercano di fare buona informazione, il che significa pubblicare notizie credibili ma anche mostrare il giusto coraggio giornalistico. Inoltre, bisognerebbe che si parlasse più apertamente delle tecniche degli spin doctor; il fatto che siano conosciute solo a pochissime esperti (e spesso i giornalisti ne sono all’oscuro) facilita la manipolazione dell’opinione pubblica.

Tra il giornale cartaceo che cede terreno e il giornale elettronico che avanza impetuoso, quale può essere la strategia vincente di un dirigente mediatico? Come tenere abilmente “il piede in due scarpe”?

MF Stiamo vivendo un’era appassionante ma molto incerta. Più che tenere il piede in due scarpe bisogna imparare a muoversi, anzi… a “correre” in maniera diversa, ovvero formulando una nuova offerta giornalistica, che è in fase di definizione, imperniata sulla multimedialità e volta ad assecondare le nuove abitudini di lettura di un numero crescente di lettori. E’ una sfida il cui esito è imprevedibile e per questo molto affascinante.

Ho partecipato a un convegno sul mondo e sul potere dei media. Uno dei relatori ha disquisito per mezz’ora sul tema “Perché i giornalisti tendono verso sinistra?” Qual è la risposta di Marcello Foa?

MF Innanzitutto non tutti i giornalisti di sinistra, è però innegabile che siano la maggioranza. Secondo me è un retaggio della stagione politico-culturale degli anni Sessanta, che ha portato a un sovvertimento delle tradizioni culturali con una netta prevalenza della sinistra. Quella stagione è finita, ma certi codici culturali, certe tradizioni e anche certe affiliazioni persistono e vengono trasmesse alle nuove generazioni. E’ un discorso complesso che meriterebbe più di mezz’ora di riflessione e, sviscerato fino in fondo, farebbe emergere dinamiche sorprendenti. Suggerisco al riguardo la lettura del romanzo di Vladimir Volkoff “Il montaggio”.

Si potrebbe immaginare (la sogno quasi ogni notte!) una “controffensiva di destra” nel campo mediatico?

MF Più che a controffensive ideologiche o politiche io auspico un giornalismo indipendente, autorevole e coraggioso. Di questo le nostre società hanno bisogno. Io credo che oggi i giornalisti si dividono in due categorie: quelli conformisti e che si limitano alle verità convenzionali (sono la maggioranza) e quelli che hanno il coraggio di scavare sotto le apparenze, di smontare facili convinzioni politiche e quei dogmi indiscutibili (di destra e di sinistra) non per il gusto della provocazione, ma per passione civica, perché questa è la missione più autentica e difficile del giornalismo.

Lei è titolare di un affermato blog “Il Cuore del Mondo”. Anch’io sono un blogger, e affezionato. Ci dica tutto il bene e tutto il male del Blog.

MF Il bene: capacità di rimanere in contatto con il pubblico, il blog è una straordinaria fonte di arricchimento professionale per le segnalazioni che ricevo, valorizzazione professionale per chi lo sa usare bene.

Il male: la tendenza da parte di molti blogger a rifugiarsi dietro l’anonimato, anziché metterci … la firma (e la faccia). Inoltre i blogger scarsa verifica delle fonti, per cui talvolta circolano ottime informazioni che i media tradizionali ignorano, talaltra però delle colossale bufale. Tenere un blog significa navigare tra queste insidie.

Per di più sono un notorio Facebooker e molte volte sono stato crudelmente beffato per questo fatto. Secondo lei c’è un modo intelligente di praticare Facebook?
MF Io non pratico Facebook perché la considero, anzi è, un’immensa operazione di schedatura di massa, che mi inorridisce; inoltre non voglio svelare la mia vita privata. Il blog è più che sufficiente…

Che cos’è Lugano per lei?

MF La città dove sono cresciuto da ragazzo, dove ho vissuto esperienze umane intense (nella gioia e nel dolore), la città che mi ha battezzato come giornalista e come docente accademico. Lugano, ora più che mai, è parte di me.

Ricordo bene, verso la metà degli anni Ottanta, nella redazione di Gazzetta due giovani giornalisti, che hanno fatto meritatamente carriera: Fabio Pontiggia e Marcello Foa. Oggi la Gazzetta non esiste più. Che cosa ricorda Foa di quegli anni ormai lontani?

MF Ho iniziato la mia carriera giornalistica, da studente –lavoratore, dapprima alla Gazzetta Ticinese e poi al Giornale del Popolo. E’ li che mi sono formato come giornalista. Eravamo in pochi – sia in Gazzetta sia al GdP – e … sono stato costretto a dimostrare subito se avevo la vocazione o no. Mi… buttarono in acqua: o nuotavo, dimostrando di avere il mestiere nel sangue, o affogavo. Ho nuotato e grazie a queste due belle esperienze, sono stato assunto, giovanissimo, da Montanelli al Giornale.

Lei è il direttore generale di TiMedia. Ci descriva la struttura del gruppo e, più in generale, il panorama mediatico del piccolo canton Ticino.

MF Timedia è un progetto affascinante in quanto si propone di creare le sinergie giuste tra radio, tv, giornali per entrare davvero nella multimedialità. E’ una sfida che riguarda tutti gli editori del mondo ma che nessuno è ancora riuscito a risolvere in modo ottimale. Ecco perché è affascinante. Timedia incude il Corriere del Ticino (con cdt.ch), Teleticino, Radio 3i, Ticinonews e una partecipazione minoritaria al Giornale del Popolo (allora, ndR). C’è la carta, la tv, la radio, il web. La sfida è di preservare l’autonomia e la tradizione di ogni testata, elaborando progressivamente nuove formule giornalistiche nel segno della multimedialità.

Ci parli dell’Osservatorio Europeo di Giornalismo, da lei co-fondato, e più in generale, della sua attività in seno all’USI.

MF L’Osservatorio europeo è stato fondato nel 2004 con il professor Stephan Russ-Mohl e oggi è una realtà affermata a livello europeo. L’Osservatorio ha stabilito partnership in una decina di Paesi europei ed è in stretti rapporti con i più prestigiosi istituti di comunicazione e giornalismo. Il nostro scopo è di avvicinare mondo accademico e giornalistico, di monitorare le dinamiche del mondo editoriale e di privilegiare la qualità nel giornalismo. Siamo molto fieri di questi risultati e grati all’Usi e alla Fondazione del Corriere del Ticino che hanno sempre creduto nel progetto. All’Usi tengo corsi, brevi, di comunicazione e di giornalismo. L’insegnamento è un’esperienza gratificante e molto utile per prendere il polso ai giovani emergenti.

Dopo “Il ragazzo del lago” ha scritto “Il bambino invisibile”. Di cosa parla questo romanzo?

MF E’ una storia vera, narrata come un romanzo, molto toccante ma con un bel finale. Immaginatevi un bambino cileno, Manuel Antonio, che a 5 anni decide di scappare nel bosco per sfuggire alle violenze e alle angherie dei propri compaesani e di un uomo che nasconde un segreto terribile; un bambino che per 3 anni vive da solo nella natura. Finché… Mi fermo qui per non togliere il piacere della lettura, aggiungendo solo che è una storia umanamente intensa, commovente ma positiva. Fa bene al cuore.

C’è chi ha detto (un politico? un filosofo?): il giornalismo è potere senza responsabilità. Condivide questa affermazione?

MF Solo in parte. I giornalisti hanno potere, ma troppo spesso tendono a servire il potere. La responsabilità è limitata. Discorso complesso: mi riallaccio alle riflessioni di prima: vogliamo limitarci alla superficie o scendere in profondità?

Ci dica infine perché il giornalismo… è il più bel mestiere del mondo!

MF Perché nonostante le delusioni, i limiti, i sacrifici personali che impone in termini di orari e giornate festive trascorse in redazione, è un mestiere vivacissimo, seducente, sempre diverso che ti consente di scoprire persone e fatti come nessun altro. Chi vive questo mestiere con passione non si annoia mai! E un giornalista, vero, non può che scegliere questa strada per vocazione.