Urano ricaccia ogni figlio nel grembo di Gaia, affinché non ne nasca alcuno; ma Gaia affida al figlio Crono un falcetto, col quale questi evira il padre e lo spodesta (Esiodo, Teogonia, 459 sgg.).
Da quel momento, cielo e terra, Urano e Gaia, saranno divisi per sempre e l’orizzonte si fonderà col cielo solo agli occhi del poeta.
Nella religione preomerica domina il femminile.
Donna è la Notte, l’ineluttabile dominatrice che nell’Iliade e nell’Odissea scende improvvisa sui mortali destinati a ritirarsi dal destino; paragonata da Omero all’irato Apollo, quando scende dalle cime d’Olimpo per recar danno al Greci (Iliade, 1, 47).
Donne sono anche la Morte, Thanatos e la nera Kera, altra figlia della notte; così come figlio della Notte è “l’odioso” Fato, e poi ancora il Biasimo e la Sciagura (Esiodo, Teogonia, 211 sgg).
Donne sono le Erinni, della Notte figlie (Eschilo, Eumenidi, 322-416; Esiodo, Teogonia, 211 sgg.), che perseguitano chi versa il sangue dei congiunti e puniscono gli spergiuri. Da donne le Erinni sono perlopiù invocate, e le donne vendicano. Giocasta s’impicca dopo aver scoperto il terribile incesto compiuto e muore con una maledizione sulle labbra, perciò le Erinni perseguitano Edipo (Odissea, 11, 280) nonché Oreste, uccisore della madre Clitemnestra; persino la mite Penelope potrebbe maledire il figlio Telemaco se questi la scacciasse di casa (Odissea, 2, 135). Secondo Esiodo, le Erinni sono invece figlie di Gaia, la madre Terra, che le partorì quando le gocce di sangue di Urano, evirato, la toccarono (Teogonia, 185 sgg.).
Succeduto a Urano, Crono divora i suoi figli, onde scongiurare lo stesso destino inflitto al padre; sua moglie Rea, in attesa di dare alla luce Zeus, il vendicatore, si aspetta che attraverso il nuovo nato, le Erinni ricadano su Crono (Esiodo, Teogonia, 472).
Donna è il destino, ovvero Temi, in alcuni casi identificata con la stessa Gaia. Temi è la madre di Prometeo, per cui è ineluttabile che l’uomo sorga e fondi una nuova stirpe (Eschilo, Prometeo, 209). È colei che pronunzia gli oracoli di Delfi (Eschilo, Eumenidi). A lei succederà Apollo quando, come vedremo, il maschile, succederà al femminile.
Donne sono le Parche, figlie della Notte, le inesorabili Cloto, Lachesi e Atropo (Esiodo, Teogonia, 218 sgg.), rispettivamente colei che principia, colei che tesse e colei che recide il filo della vita umana; congiunta a Zeus, Temi genererà le Ore, Eunomia, Dike e Irene, le dee rispettivamente del buon ordine, del diritto e della pace (Esiodo, Teogonia, 901).
Talvolta identificata con Gaia, madre di Prometeo, altre volte invece con la prima moglie di Zeus, come nel ventitreesimo Inno omerico nel quale la vediamo a sedere sul trono accanto a Zeus è dispensa consigli, Temi diverrà, nel mondo omerico, soltanto un tramite per chiamare gli dei al concesso del loro Padre (Iliade, 20, 4) e aprire il loro banchetto (Iliade, 15, 87). Telemaco la invocherà chiamandola come colei che convoca e scioglie gli uomini a consiglio proprio in occasione di un consenso degli abitanti di Itaca (Odissea, 2, 68 sg.); Medea la invoca perché le sia testimone dei giuramenti infranti di Giasone (Euripide, Medea, 169).
Ritorniamo a Gaia la prima delle dee, la madre terra che ancora in Sofocle è in invocata come: «Terra, inesausta, eterna, degli dèi la più antica» (Sofocle, Antigone, 337 sgg.) e che nel terzo Inno omerico è ricordata come madre universale, dispensatrice di ricchezze, ordine pacifico, belle donne e teneri bambini.
Poiché tutto ciò che da lei nasce ritorna nel suo grembo, viene talvolta invocata nelle evocazioni delle anime dei morti (Eschilo, Persiani, 629) e secondo Pausania (1, 28,6) al suo altare presso l’Areopago ad Atene, ovvero il tribunale che dal V secolo in poi giudicava i colpevoli per i reati di sangue, posto accanto a quello di Plutone ed Hermes, vi sacrificavano coloro che da quel tribunale erano stati assolti.
Così quando Era giura a Zeus di non averlo ingannato nella guerra di Troia, chiama a testimone la veneranda dea della terra (Iliade, 15, 36). Nell’invocazione di Era, Gaia è ormai una dea arcaica, lontana.
Gaia è la genitrice e la sposa di Urano; Crono è fratello e consorte di Rea. È per iniziativa di Gaia che Urano viene punito nella sua virilità, e spodestato; è per iniziativa di Rea che Crono verrà detronizzato, ed esiliato.
Dalla nuova coppia divina di Crono e Rea, nascono nuovi dei: Zeus, il vendicatore del padre, Era, sua sorella e sposa, Ade, il signore degli Inferi, Poseidone Enosigeo, cioè “scuotitore della terra”, Demetra, la Signora dei raccolti (Esiodo, Teogonia, 453 sgg.).
Donna è l’agricoltura. Demetra, bionda protettrice delle sacre aie e dei campi (Iliade, 2, 695; 5, 500 sgg; 12, 322; 21, 76), delle messi e della maternità, madre di Persefone, Signora degli Inferi.
Demetra si unisce a Iasione (Odissea, 5, 125; Esiodo, Teogonia, 969), figlio di Zeus ed Elettra (costei figlia del titano Atlante).
Demetra e Iasione si incontrano alle nozze di Cadmo e Armonia (sorella di Demetra) e fanno l’amore su una zolla arata tre volte (Omero, Odissea, 5, 125 sgg.).
Dalla loro unione nascono Pluto, il dio della ricchezza e della salute e Filomelo, l’inventore del carro (Igino, De Astronomia, 2, 4).
Iasione invecchia e Demetra depreca l’argento sceso sui capelli del marito (Ovidio, Metamorfosi, 5, 450 sgg.); oppure viene ucciso da Zeus, geloso (Omero, Odissea, 5, 125 sgg.).
Demetra, la titadine, viene così amata dal nuovo signore degli Dei, (Iliade, 14, 326), Zeus.
Com’è giunto alle vette dell’Olimpo, il nuovo re e padre di tutti gli Dei? Così come quello di Urano prima di lui, anche il tempo di Crono è finito. Crono, che per non subire la stessa sorte che egli ha inflitto a Urano, divora ogni figlio, viene ingannato dalla sua sposa e sorella, Rea.
Costei gli porge un masso, al posto dell’ultimo nato, che invece fa crescere sano e salvo nella florida Creta (o, forse, in Arcadia: Callimaco, Inno a Zeus).
Qui lo accoglie la nonna Gaia, che fa sì che venga nutrito ed educato. Ancora una volta, sono le dee a rendersi motrici del cambiamento. Astute, ingannatrici, tessono il fato dei loro figli divini.
«Ingannato dagli accorti consigli di Gaia», cioè dalla propria madre (che egli pure aveva salvato dalla tracotanza di Urano!) Crono viene indotto a risputare tutti i figli che aveva divorato, tra cui la pietra dell’inganno. Immortali, gli dei risorgono dalle viscere di Crono: Zeus ritorna sull’Olimpo, fissa ai piedi del Parnaso la pietra che lo ha salvato, libera tutti coloro che Crono aveva incatenato, tra cui i ciclopi, e si proclama nuovo signore degli dei. A dargli il tuono, la folgore e il baleno è proprio nonna Gaia. Ancora una volta, la Terra sancisce una nuova legittimità del Cielo (Esiodo, Teogonia, 467 sgg.).
Gli antichi dei non spariranno, tuttavia, anzi, subiranno la potenza dei nuovi: così, per causa della novella Afrodite, della quale tosto indagheremo la nascita, l’antica Gaia, unitasi al Tartaro, genera Tifone, un mostro dalle teste di drago. Zeus lo rigetta nel Tartaro, lasciandolo liquefare nel Vulcano di Efesto.
Sconfitto così l’ultimo rivale, Zeus conquista l’Olimpo.
Zeus, Poseidone e Ade si spartiscono a sorte il cielo, il mare e gli inferi (Iliade, 15, 390 sgg.; anche se Callimaco, nell’Inno a Zeus, non sarà d’accordo, circa la casualità come misura per gli Dei).
Quindi, unendosi a una serie di dee e donne, Zeus genera una schiera di dei e Dee, semidii e semidee, eroi ed eroine.