Contrariamente alla credenza popolare, il Necronomicon di Abdul Alhazred, (etimologicamente “il libro dei nomi morti”) non è un libro di magia nera.
Era stato concepito come la storia delle creature che avevano vissuto sulla Terra quando l’uomo era ancora una lontana probabilità genetica. Ma l’autore aveva una spiccata tendenza a fatti e voci, speculazioni e inezie, il che aveva fatto del libro uno dei più più difficili da leggere.
Il Necronomicon era costituito da sette volumi, per oltre 900 pagine nell’edizione latina. Era conosciuto con il nome di “Al Azif” o anche “Il libro dell’arabo demente”. Si pensa fosse stato scritto a Damasco nel 730 d.C.
Del suo autore, Abdul Alhazred, si sa ben poco. La principale fonte d’informazioni è la breve biografia contenuta nel Necronomicon.
Aveva viaggiato molto, da Alessandria d’Egitto sino in India. Le sue conoscenze linguistiche gli avevano permesso di leggere e trascrivere manoscritti incomprensibili anche per i sapienti di quel tempo.
Oggi il Necronomicon viene descritto come “una guida per il regno dei morti, un’opera esoterica che rivela incantesimi capaci di invocare e sottomettere forze antiche che avrebbero popolato la Terra prima dell’arrivo degli uomini.”
Per scrivere questa opera, Alhazred usava aspirare i fumi di un incenso a base di oppio e hashish. Questo, unito a una mancanza di riferimenti, fece sì che il Necronomicon venne largamente screditato da parte degli storici.
Malgrado non ne avesse fatto menzione, Alhazred sembra aver avuto accesso a numerose fonti. Interpretò e sfruttò largamente fatti mitologici, eventi evocati nella Genesi e nel libro apocrifo di Enoch.
Ammettendo che avesse usato la magia per esplorare il passato, aveva anche tratto spunto dagli scrittoi greci dell’epoca, unendo spirito critico e un’insaziabile voglia di capire i miti profani e sacri.
Alhazred potrebbe essere simile al filosofo greco Proclus (410-485 a.C.) il quale, pur conoscendo materie “serie” come l’astronomia, la matematica e la filosofia, era anche pratico di magia teurgica, al punto da poter accedere al regno dei morti e evocare la dea Ecate in forma umana.
Del Necronomicon non sembrano più esistere versioni in lingua araba. Esiste una trascrizione in latino del 1487, redatta da un prete domenicano di origini tedesche, Olaus Wormius.
Wormius era stato segretario del primo grande inquisitore spagnolo Tomas de Torquamada.
E’ certo che il prete riuscì a impossessarsi del manoscritto del Necronomicon durante la persecuzione dei mori, poi convertiti con la forza al cattolicesimo. Da parte di Wormius, tradurre e trascrivere il Necronomicon in un simile periodo fu un atto di vera follia.
Infatti venne accusato di eresia e bruciato vivo. Prima di morire riuscì a trasmettere un esemplare del manoscritto a Johann Tritheim, abate di Spanheim.
La lettera di accompagnamento conteneva un’interpretazione blasfema di passaggi della Genesi. Quasi tutti i libri derivati dalla trascrizione di Wormius furono sequestrati e bruciati.
Nel 1856, una copia del manoscritto di Wormius apparve a Praga, città che sotto il patrocinio dell’imperatore Rodolfo II era un luogo privilegiato per maghi, alchimisti e ciarlatani di qualsiasi genere.
Il mago inglese John Dee e il suo assistente Edward Kelly si trovavano alla Corte dell’imperatore per discutere la possibilità di fabbricare oro attraverso l’alchimia e Kelly acquistò il manoscritto da un cabalista di nome Jacob Eliezer, soprannominato “Il rabbino nero”.