Mario Scaramella, avvocato- Capri Campus

La fede, per definizione, non è solo buonsenso, ragione, scienza. È fiducia in Dio.
Siamo attualmente in un cul-de-sac della storia, spinti dalla retorica e dagli interessi di pochi potenti imperatori che hanno dimenticato valori, visione, metodo: incolonnati in un vicolo senza uscita, non possiamo aggrapparci né all’analisi politica, né alla diplomazia, né al ruolo del diritto internazionale, né tantomeno alla dottrina militare, tutte scienze dimostratesi aleatorie.

Dispiace dirlo, ma è come se tutto fosse senza controllo da quando i due nemici principali di sempre hanno cominciato, incredibilmente, ad allinearsi: dall’essere poli opposti in perenne scontro, in una dicotomia assoluta, erano venuti ottant’anni di equilibri, sicurezza e quindi pace (salvo lingue di fuoco qua e là, mai tali da compromettere la sicurezza delle relazioni internazionali fondamentali). Ora, con i due nemici potenziali — che mai avevano ingaggiato uno scontro diretto, perché l’automatica conseguenza sarebbe stata la reciproca distruzione e annientamento — che si favoriscono, spiazzando i terzi, pure in buona fede ed oppressi, non c’è più una bussola: non ci si orienta più con nessuna scienza.

Ecco dunque che, quando tutto sembra perduto, in un luogo speciale dove le fattispecie dell’anima si incontrano con la diplomazia reale — nella Santa Sede, lo Stato Vaticano — accade qualcosa che solo con la fede si può comprendere.

Il rito funebre di un Papa molto amato dai cristiani (e anche da non cristiani) diventa il centro del mondo: tutti i potenti fanno da cornice a un piccolo tatami, un ring fatto di due sedie contrapposte nella navata di San Pietro. Lì, due uomini con responsabilità globali si guardano negli occhi, sotto gli sguardi di quattrocentomila testimoni diretti (e di qualche miliardo a distanza), e cominciano a comunicare.

La semplice, pacifica comunicazione, impossibile nei rigidi spazi e nelle regole della moderna protocollazione delle relazioni istituzionali, diventa possibile. In quel luogo, in quel tempo, in quel contesto, si arriva a percepire — in mondovisione — la presenza reale di uno Spirito superiore, che prende le redini della storia e instrada su binari privilegiati quegli attori importanti, che da soli non sanno più in che direzione andare.

Due uomini, Trump e Zelensky, diventano sovrumani, perché un miracolo si realizza: uno spirito dà senso a ciò che senso non ha.
Tutto alla massima potenza, perché si parla dei destini dell’Europa e del mondo, di guerra mondiale, di inverno nucleare.

Manca, in questo sipario più mistico che terreno, il terzo grande: Putin, semplicemente perché la Russia non si è convertita al Cuore Immacolato di Maria — per citare la veggente di Fatima.
E così, in questa scena, degna di un affresco di Raffaello Sanzio o del Perugino, mentre Ucraina e America sono due facce delle forze del bene, unificate e fortificate dal Papa — che già da oggi odora di santità per questo primo grande, inspiegabile prodigio avvenuto in suo nome e al suo cospetto — la Russia, per citare Reagan questa volta, è proprio Lucifero.


Ecco: oggi, in un tranquillo sabato di aprile dell’anno del Signore duemilaventicinque, sembra di aver visto angeli, demoni, miracoli e, sullo sfondo, l’Apocalisse e i segreti di Fatima e di Medjugorje. Una roba da far rizzare i muscoli orripilatori: oggi mezzo mondo ha sentito brividi correre lungo la schiena. Jeorge Bergoglio e’ stato un grande uomo, sempre impegnato per la sua chiesa, per la politica, per i valori in cui coerentemente ha creduto, sulla Russia pero’ aveva preso una posizione non logica, neanche appassionata, non giusta peraltro; non ha censurato l’atrocità della invasione e della aggressione unilaterale, non si e’ prodigato piu di tanto in difesa dei profughi di guerra e dei bambini ucraini, mantenendo una certa equidistanza e terzieta’ fra i due belligeranti come fossero entrambi corresponsabili.

Questo inspiegabile assetto (in linea con una lunga politica di ambiguita e freddezza vaticana verso la chiesa Ucraina che risale al Cardinale Casaroli, uomo di Mosca nella segreteria di Stato e auspicata alternativa al Super Papa Giovanni Paolo II, che invece era il bersaglio dell’intelligence russa), oggi assume una connotazione diversa. Prima di tutto assurge a ruolo funzionale nel dialogo impossibile con quel diavolo di Vladimir Vladimirovich, una neutralita che e’ credibilita nella mediazione fra inconciliabili narrative, ingiusto ma strumentalmente indispensabile potremmo dire, giustificativo -ex post- dell’attegiamento del Presidente Trump chw se vogliamo ha la medesima attitudine, poi, oggi, appare in tutta la sua semplicità il marchio divino nella Sua strategia. Il dialogo fra grandezze enormi e diverse (anche nella morale) sembra facilitato dal divino, sembra vederlo sulla testa dei due presidenti, in volo fermo a mezz’aria, l’uccello che rappresenta lo Spirito Santo in tutta l’iconografia della nostra chiesa.

Ad un tratto la suggestione arriva, quell’ uomo semplice parlava (a volte anche al di la della logica, del buonsenso e della piu riconoscibile morale) per conto di Dio, testimoniando un Vangelo che a volte e’ cosi, non intuitivo, difficile da capire quando affronta la lotta impari fra il bene ed un male che ha sue proprie multiformi espressioni e va contenuto con una forza più grande della logica e del senso comune. Papa Francesco non e’ grande quanto Giovanni Paolo che ha personalmente e con forza smantellato il blocco Soviet East che minacciava il mondo, ma e’ diversamente grande quando e’ strumento di una provvidenza predittiva ed operativa, reale, che ci indica l’uscita da una nuova minaccia mondiale epocale. Bergoglio ha testimoniato la parola di un Dio superiore e da morto suggestiona i potenti a non fare l’ apocalisse .

E se non è questo un miracolo…