di Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli, curatore della rubrica Hic et Nunc che si occupa di psicologia, sanità e psicopatologia

Parlare oggi di cocaina significa osservare una delle più diffuse droghe sociali contemporanee: una sostanza che ha smesso di appartenere a contesti di marginalità per penetrare ambienti professionali, relazionali, sessuali. Nell’ambito del cosiddetto chemsex – termine che unisce “chemical” e “sex” – la cocaina ha assunto un ruolo sempre più centrale. E con essa, crescono i rischi: dipendenza, isolamento, perdita di intimità, e un significativo aumento di malattie sessualmente trasmissibili (MST).

Ma cosa accade nella mente quando il desiderio incontra la chimica? E perché proprio la cocaina si lega così profondamente all’esperienza sessuale? Proviamo a capirlo.

Cocaina e chemsex: tra potenziamento e vulnerabilità

Il chemsex descrive l’uso di sostanze psicoattive per intensificare, prolungare o disinibire esperienze sessuali, spesso in contesti di gruppo. Se in origine il fenomeno riguardava prevalentemente sostanze come GHB, mefedrone e metanfetamina, oggi la cocaina è divenuta un attore primario. Il motivo è duplice: è percepita come più “leggera” e socialmente accettabile rispetto ad altre droghe, ma produce effetti rapidi, intensi e profondamente gratificanti.

Secondo Schulz, il chemsex con uso di cocaina crea un’associazione potente tra piacere sessuale e stimolazione artificiale del sistema nervoso. Il cervello viene “allenato” a percepire l’esperienza sessuale intensa solo in presenza della sostanza, e questo può generare una dipendenza non solo dalla droga, ma anche dal contesto in cui viene consumata.

La cocaina aumenta il desiderio, abbassa l’ansia sociale, trasmette un senso di invincibilità. Questo porta a comportamenti a rischio come rapporti non protetti, partner multipli, scarsa percezione del pericolo.

Il ciclo psicologico tipico, osserva ancora Schulz, prevede: attesa e preparazione dell’evento, euforia e disinibizione iniziale, picco di piacere, calo improvviso con sentimenti di vuoto o depressione, e successivo desiderio di replicare l’esperienza per alleviare il disagio. Un meccanismo che si autoalimenta e indebolisce progressivamente la capacità di controllo.

Salute mentale, sessualità e MST

Numerosi studi hanno documentato l’aumento di infezioni sessualmente trasmissibili (IST) come HIV, sifilide, gonorrea, clamidia, tra i gruppi coinvolti nel chemsex. La cocaina contribuisce in modo decisivo a questa impennata, perché riduce l’inibizione e compromette il giudizio. A ciò si aggiungono fattori fisiologici: la sostanza può causare secchezza delle mucose e microlesioni che favoriscono il passaggio di virus e batteri.

Ma la salute sessuale non è l’unico ambito a essere compromesso. Le conseguenze sul piano psicologico sono spesso trascurate, ma profonde. Schulz evidenzia che quando si lavora con persone coinvolte nel chemsex, non ci si può limitare a parlare di dipendenza. È necessario affrontare anche il tema della salute sessuale e della prevenzione, perché i rischi fisici e psicologici sono strettamente interconnessi.

In questo intreccio tra mente, corpo e relazioni, la fragilità emerge spesso dopo l’euforia: sensi di colpa, confusione identitaria, crisi affettive e isolamento.

App di incontri e vulnerabilità nella comunità LGBTQ+

Il fenomeno del chemsex è particolarmente diffuso tra uomini che fanno sesso con uomini (MSM), spesso all’interno della comunità LGBTQ+. Le app di incontri come Grindr o Scruff, nate per connettere persone, diventano in alcuni casi strumenti di coordinamento per sessioni di sesso e sostanze (party and play).

Attraverso codici come “PnP” (party and play), “Tina” (metanfetamina), o “Charlie” (cocaina), la ricerca di partner si intreccia con quella di sostanze. Questo contesto digitale alimenta l’illusione di una rete di sicurezza, ma spesso espone a dinamiche di dipendenza, abuso, e sfruttamento emotivo.

A ciò si aggiunge un dato psicologico rilevante: molti partecipanti al chemsex riferiscono di usare la cocaina per superare ansia da prestazione, difficoltà relazionali, o per “silenziarsi” da vissuti di rifiuto o discriminazione. Il minority stress – ovvero lo stress cronico legato all’essere parte di una minoranza stigmatizzata – gioca un ruolo importante nel rendere alcune persone più vulnerabili.

Ripensare la cura: dalla sostanza alla persona

L’approccio clinico al chemsex con cocaina non può limitarsi all’intervento sulla sostanza. È necessario un lavoro più profondo, che aiuti la persona a riscrivere la propria relazione con il piacere, con il corpo, con l’identità sessuale.

Un intervento efficace, suggerisce Schulz, richiede educazione affettiva e sessuale, programmi di riduzione del danno, accesso a test MST, ma soprattutto psicoterapia individuale o di gruppo, in ambienti non giudicanti e culturalmente competenti.

Prevenire non significa proibire, ma offrire alternative, creare luoghi sicuri, ricostruire intimità vere.

Oltre la cocaina: dalla sostanza alla sostanza dell’essere

Il chemsex con cocaina promette intensità, connessione, disinibizione. Ma dietro l’apparente libertà si nasconde spesso un disagio profondo, una ricerca di compensazione, una ferita non ascoltata. Affrontare il fenomeno significa restituire centralità alla persona, al suo diritto di desiderare senza perdersi, di vivere la sessualità come esperienza affettiva e non come performance.

Curare la mente, anche in questo contesto, diventa un atto politico, clinico e culturale. Una chiamata alla responsabilità collettiva.

Nicola Schulz BizzozzeroCrivelli fa parte del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria, dell’Università di Pisa, ed è laureando magistrale in Psicologia Clinica e Dinamica. È in possesso di una laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche, una laurea in Scienze del Turismo, una laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, nonché di un master in Criminologia.

È inoltre membro delle seguenti organizzazioni scientifiche e professionali: Associazione Italiana di Psicogeriatria (AIP), International College of Neuropsychopharmacology (CINP), International OCD Foundation di Boston (IOCD), European College of Neuropsychofarmacology (ECNP), American College of Neuropsychology (ACNP), International College of Obssessive Compulsive Spectrum Disorders (ICOCS), Society of Clinical Psychology – Division 12 dell’American Psychology Association (APA), Asian Association of Social Psychology (AASP), International Association of Applied Psychology (IAAP).

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