Devastato da un incendio il monastero delle Romite ambrosiane, dove nel 1998 ricevette la Prima Comunione il giovane san Carlo Acutis
Un rogo terribile ha colpito il Monastero della Bernaga, uno dei cuori spirituali della Brianza meratese. Le Romite ambrosiane, monache di clausura diocesane, hanno dovuto lasciare in fretta le loro celle mentre le fiamme divoravano parti dell’edificio seicentesco: un luogo nato nel 1628, cresciuto per quattro secoli tra silenzio, lavoro e liturgia, e reso caro a tanti anche perché qui, nel 1998, il piccolo Carlo Acutis – oggi santo – ricevette la Prima Comunione a soli sette anni con un permesso speciale.
Le fiamme e il dolore della comunità
Le immagini e i racconti parlano di ore d’angoscia: fumo denso, il crepitare delle travi antiche, il timore che il fuoco raggiungesse cappella, archivio e laboratori artigiani. I Vigili del Fuoco e i volontari hanno lavorato senza sosta per contenere l’incendio ed evitare crolli. Le monache sono state messe in sicurezza; per loro, che della Bernaga hanno fatto casa e vocazione, è una ferita profonda: non si perde solo un tetto, ma il luogo dell’incontro quotidiano con Dio.
Una memoria che brucia ma non si spegne
La Bernaga non è un edificio qualsiasi. È storia viva di fede ambrosiana: ore di lectio, il ritmo del canto, la porta socchiusa per chi cerca ascolto. È la “santa normalità” che ha plasmato generazioni. Qui Carlo Acutis ha iniziato, bambino, quel cammino eucaristico che avrebbe segnato tutta la sua breve vita. Per tanti, sapere che quelle stanze sono state aggredite dal fuoco è come vedere bruciare una memoria di famiglia.
L’impatto sul patrimonio e sulla vita monastica
I danni strutturali sono ingenti; serviranno perizie, tempo e risorse per capire che cosa si può salvare e come ricostruire. Nel frattempo la vita monastica – preghiera, lavoro, accoglienza – dovrà trovare spazi provvisori. La clausura non è fuga dal mondo: è servizio. E oggi quel servizio passa anche dalla pazienza della ricostruzione, dalle pratiche, dai cantieri, dalla custodia di ciò che resta.
Una ferita di tutti
Un monastero è bene comune: di chi prega, di chi cerca consiglio, di chi passeggia nei dintorni sapendo che lì, a due passi, qualcuno porta il peso del mondo davanti a Dio. Per questo la Bernaga che brucia fa male alla Brianza intera. Le istituzioni locali, la Diocesi, le comunità vicine stanno coordinando ospitalità e sostegno alle religiose. Nei prossimi giorni – quando ci saranno indicazioni ufficiali – sarà importante convogliare l’aiuto: manodopera, competenze, contributi per mettere in sicurezza e ripartire.
Dalla cenere al seme
I monasteri sono maestri di ricominciamento: hanno attraversato guerre, pestilenze, terremoti, incendi. Sempre, la risposta cristiana è stata custodire ciò che conta e ricostruire pietra su pietra, salmo dopo salmo. Lo ricordava anche Carlo Acutis con il suo stile semplice: “L’Eucaristia è la mia autostrada per il cielo”. Il cielo non brucia; e da quell’altare – dovunque oggi verrà allestito – la Bernaga ritroverà la sua strada.
Oggi è il tempo del silenzio solidale: una preghiera per le Romite, gratitudine ai soccorritori, e la decisione concreta di stare accanto a chi ha perso la casa. Domani sarà il tempo dei progetti e dei ponteggi. Ma già adesso questa terra sa che il fuoco non è l’ultima parola. L’ultima parola, alla Bernaga, è sempre stata – e resterà – speranza


