Marco Santoro

La ricerca e il dibattito su che cos’è la scienza, quali caratteristiche generali, quali possibilità e quali limiti abbia, si chiama di solito Filosofia della scienza o Epistemologia. Di essa si occupano persone che hanno contemporaneamente più competenze, cioè che sono al tempo stesso filosofi e scienziati. Uno di essi è stato l’austriaco P. Feyerabend (1924-1994), fisico e filosofo della scienza.

Da giovane, a Londra, è stato allievo di K. Popper (1900-1994), il più famoso filosofo della scienza del ‘900, fatto sir in Inghilterra dalla regina Elisabetta per i suoi meriti nella ricerca. Feyerabend è andato poi a insegnare in America, all’Universitá della California, ed è stato uno dei protagonisti del grande dibattito del secondo Novecento sulla natura e sui limiti della ricerca scientifica.

Sostiene Feyerabend: “Le teorie diventano chiare e ragionevoli solo dopo che parti incoerenti di esse sono state usate per molto tempo. Una tale anticipazione parziale, irragionevole, assurda, in violazione di ogni metodo, risulta quindi un presupposto inevitabile della chiarezza e del successo empirico” … Dunque, Feyerabend sostiene che le violazioni sistematiche delle regole ufficiali del metodo scientifico non sono solo un dato di fatto riscontrato nella storia della scienza, “ma sono necessarie per il progresso scientifico”… …” È chiaro quindi che l’idea di un metodo fisso, o di una teoria fissa della razionalità, poggia su una visione troppo ingenua dell’uomo e del suo ambiente sociale.

0er coloro che non vogliono ignorare il ricco materiale fornito dalla Storia [della scienza e non], e che non si propongono di impoverirlo per compiacere ai loro istinti più bassi, alla loro brama di sicurezza intellettuale nella forma della chiarezza, della precisione, della “obiettività”, della “verità”, diventerà chiaro che c’è un solo principio che possa essere difeso in tutte le circostanze e in tutte le fasi dello sviluppo umano. È il principio qualsiasi cosa può andar bene “. (P. Feyerabend, Contro il metodo , Feltrinelli, Milano 1979).

Cosa significa quanto dice Feyerabend?

Esso implica che: 1) nella storia della scienza nessuno scienziato, a cominciare dallo stesso Galilei, ha mai seguito regole fisse, volontariamente o accidentalmente le ha violate; gli scienziati si sono comportati nella pratica come degli “opportunisti senza scrupoli”. Tale espressione, riportata da Feyerabend, è di Einstein, che aveva notato anche lui il fenomeno. 2) È stato meglio non seguire alcun metodo rigido, perché tale condizione di libertà ha permesso e permette di far avanzare la ricerca; 3) Non esistendo nella concreta realtà storica un metodo fisso, non esiste alcun principio di demarcazione netta tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è. L’umanità, nelle sue diverse tradizioni culturali, ha, di conseguenza, a disposizione teorie di vario tipo, che funzionano nella pratica o che invece non funzionano, che si chiamino scientifiche, artistiche, filosofiche, religiose o di altro tipo. La cosiddetta scienza occidentale è assurta a sapere supremo, ma :

a) essa non è chiaramente identificabile tramite una metodologia fissa che nella realtà storica non esiste, né b) si rivela superiore, in certi ambiti, ad altre forme di sapere (tradizioni culturali, pratiche religiose, ecc.), che anzi funzionano meglio, cioè aiutano di più a risolvere i problemi delle persone, vero scopo per cui esiste il sapere. Oltretutto, dice Feyerabend, ciò che passa per scientifico, o per teoria più valida in un certo ambito della scienza, è spesso deciso solo da fattori sociali e politici, storici, non da criteri assolutamente logici, metodologici e fattuali (vedi al riguardo anche la Sociologia della scienza, in particolare il “programma forte” di D. Bloor).

La scienza, dunque, anche nell’immagine che ne delinea Feyerabend, come altri autori, non risulta né un sapere assoluto, in grado di attingere verità definitive, né un sapere esclusivo, che renda inferiori o superflui gli altri.