Il 24 marzo Warren Buffet, il terzo uomo più ricco del pianeta (patrimonio di 50 miliardi di dollari) e soprattutto guru nel mondo dell’economia, nel corso di un’intervista ha sostenuto che la disintegrazione dell’euro non è un’ipotesi impensabile.

In precedenza l’agenzia di rating Moody’s (di cui Buffet è azionista di peso) aveva tagliato in un primo tempo il rating dell’Irlanda, quindi quelli della Grecia (il 7 marzo), della Spagna (il 10 marzo) e del Portogallo (il 16 marzo).
Successivamente Moody’s aveva avvertito che nemmeno il rating del Regno Unito sarebbe completamente esente da rischi, prima di andare addirittura a declassare il comune di Firenze e nello stesso giorno ad annunciare il downgrading del giudizio su 30 banche spagnole.

Moody’s è una società indipendente americana con sede a New York e gestisce circa il 40% del business del rating, ovvero della valutazione della forza e dell’affidabilità economica di imprese e amministrazioni pubbliche dei paesi di tutto il mondo. Le contendono il mercato la Standard & Poor’s (circa 40%) e la Fitch Ratings (circa 15%), pure esse americane. Queste tre società private esercitano una tale influenza a livello politico-economico globale da assumere un’importanza strategica di primo piano per il governo degli Stati Uniti.

L’osservazione d’insieme dei downgrading eseguiti da Moody’s può lasciare perplessi se si traccia un paragone con altre situazioni dove questa Signora del Rating non interviene malgrado sarebbe opportuno, come ad esempio negli stessi Stati Uniti, ritenuti da qualche analista un paese “che consuma esageratamente a scapito dell’indebitamento che esplode”.
Invece, gli USA continuano a capeggiare da tempi quasi immemorabili la classifica rating nonostante gli sviluppi catastrofici della loro economia dovuti alla politica monetaria, economica e energetica speculativa.

Attraverso il peggioramento dei rating di singoli Stati e banche europei e forte del suo ruolo, Moody’s conduce una vera e propria campagna che penalizza l’euro e recentemente è andata vicino ad affossarlo, approfittando della crisi che pervade in particolare i PIIGS. Se non che, contro ogni previsione, finora la moneta unica europea ha resistito bene a questi attacchi, mentre a cedere sensibilmente è stato proprio il dollaro americano.

Il 25 marzo accade quello che nessuno si sarebbe mai atteso: Warren Buffet consiglia agli investitori di stare alla larga dagli investimenti in dollari (bonds) a lungo termine e prevede un collasso del dollaro tra giugno e luglio 2011 a causa della “spirale mortale inflazionistica” in atto negli Stati Uniti, un fattore che potrebbe spingere la moneta USA in un’iperinflazione e trascinarla ad un minimo record entro il secondo semestre del 2011.
Nessuna menzione a cosa sia dovuta questa improvvisa ed epocale virata, intervenuta nel giro di appena 24 ore. Non è dato a sapere cosa sia accaduto per far sì che dopo aver tanto cospirato contro l’euro e averne predetto con tanta forza la fine, Buffett improvvisamente mette in guardia dal collasso del dollaro.

Di fronte all’evidenza ora non è più possibile nascondere ciò che molta gente bene informata già presentiva da tempo e nasce spontanea una domanda: fino a quando l’Europa si sottometterà ai giudizi e ai diktat di queste agenzie americane, con un atteggiamento di tale mancanza di autostima da accettare verdetti come quelli di Moody’s senza nemmeno porre qualche giustificata domanda critica?

mogam