CHANTAL FANTUZZI (con DANIELA PATRASCANU che presenteremo domani) sarà a Poestate venerdì 31 maggio, con inizio alle 18.45 circa.

Un’intervista di Francesco De Maria.

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NOTA. Il testo di cui parliamo oggi – il “Quel Sonettaccio primigenio” di Chantal Fantuzzi- ha ricevuto il Primo Premio Poesia nella rassegna del Premio Piazza Alfieri 2018 ad Asti al centro Studi Alfieriani diretti dalla Prof. Carla Forno, promosso dall’associazione culturale della Société des Sanguignon (che riprende l’omonima fondata da Alfieri nel 1772) presieduta da Gianfranco Moanaca. Sarà presentato a Poestate2019.

Francesco De Maria  Che cos’è il Sonettaccio? Come è concepito, che cosa significa, che particolarità stilistiche ha?

Chantal Fantuzzi  Il Sonettaccio è il primo sonetto, perduto, che, come Vittorio Alfieri stesso racconta nella Vita (epoca seconda, capitolo V) il poeta scrisse a soli 14 anni, dedicandolo ad una dama amata da suo zio, Pellegrino Alfieri, nonché, da lui stesso. La dama apprezzò molto il sonetto, Il Conte Pellegrino, tuttavia, lo criticò ed il giovanissimo Alfieri, stroncato, perse l’entusiasmo. La sua vena poetica sarebbe ricomparsa, fertile e impetuosa, all’età di 26 anni, ovvero solo 12 anni dopo, quando avrebbe iniziato a scrivere le sue immortali Tragedie. Per il concorso del Premio Piazza Alfieri 2018, ho immaginato la scena dell’incontro tra il giovane Alfieri e la dama amata dallo zio Pellegrino, il componimento del sonetto dedicatorio, e il finale – unica mia, in fondo opportuna, licenza poetica – in cui Pellegrino brucia il sonetto del nipote, in un impeto di gelosia. Il tutto in 80 versi totali (un orgoglio, questa mia riuscita (e rara) brevitas ), con il famoso sonetto incorporato, da me ricostruito, con fedele schema metrico. Ispirazione, mimesis, enthusiasmos, hanno fatto sì che questo componimento fosse premiato dalla giuria, diretta dalla Professoressa Carla Forno, e che, successivamente, venisse scelto da Armida Demarta per l’edizione di POESTATE2019.

Come si può “catturare” un pubblico moderno ricreando lo stile e le trame di Vittorio Alfieri?

Penso che prima occorra ricreare un pubblico alfieriano che, da principio, è stata la giuria: è per questo che, penso, il mio componimento ha ottenuto il primo premio. Scrivo per un pubblico che, a priori, auspichi, come me, il ritorno della poesia in versi, della bellezza, del classicismo poetico. La giuria – composta dai massimi studiosi alfieriani come la Direttrice del Centro Studi Alfieriani Carla Forno – ha poi fatto sì che il mio componimento “nascesse al mondo”, venendo letto da un pubblico di gusto, presumo a priori, alfieriano. Che codesto pubblico alfieriano sia poi contemporaneo, è una questione contingente, temporale. La contemporaneità non impedisce di rinnovare lo stile in nome della tradizione, quella alfieriana in primis. Quindi, credo che la “cattura” (del pubblico da parte mia) sia stata consapevole e reciproca: io, alfieriana, scrivo per degli alfieriani che mi leggono. Infatti mi propongo d’essere “l’alfiere di Alfieri”.

Si può pensare a una “modernità” di Alfieri? Se sì, in che cosa consiste?

Si, assolutamente. I suoi amori, il suo anticonformismo, il suo spregio per il volgo inetto e violento, nonché l’irruenza, la sua personalità unica e atemporale, nonché la sua lungimiranza secolare che, ad un certo punto, mette i brividi: alla fine della sua Vita, parlando delle sue commedie (si, scrisse anche commedie!) scrive “ma appunto perché i costumi variano chi vuol che le commedie restino, deve pigliar a deridere, ed emendare l’uomo; ma non l’uomo d’Italia, più che di Francia o di Persia; non quello del 1800, più che quello del 1500, o del 2000, se no perisce con quegli uomini e con quei costumi, il sale della commedia e l’autore.” (da Epoca quarta, capitolo ventinovesimo).

Recentemente hai pubblicato una Tragedia, Margherita Farnese, nel libro Donna Maura Lucenia, di Giuliano Masola. È la tua prima tragedia in stampa?

Si, e ne sono felicissima. È la mia prima tragedia stampata, infatti la Sposa dei Ghiacci, (la mia prima tragedia in primis) è pubblicata online sulla rivista letteraria Purloined Letters – an international journal of quotation studies, mentre la Tessitrice è attualmente (ancora…) inedita. Per me è importante che le mie tragedie “nascano al mondo”.

Dopo “Chantal Fantuzzi antica” (latino, greco, Alfieri, storia) descriviamo anche una Chantal moderna. Com’è? Che cosa fa?

Collaboro per Ticinolive.ch scrivendo quasi sempre di attualità e politica, e lavoro come hostess negli eventi per permettermi un soggiorno a Londra quest’estate: sono infatti stata presa alla University College of London nel dipartimento di filologia greca e latina, per uno scambio accademico culturale nel quale ho intenzione di scrivere la Tesi Magistrale, in filologia greca. Ma, come vedi, anche qui torniamo sull’antico…

Come vedi l’Italia del 2019? La sua cultura, i suoi media? Che cosa si può salvare?

Salvo rare eccezioni, vedo un’editoria consumistica e dedita solo ai gusti del volgo, il quale, d’altra parte, è – dai gestori stessi – orientato, vittima inconsapevole, verso l’inettitudine e l’inconsistenza. Dell’Italia si deve salvare la gloria delle fronti coronate dall’oro dell’italiche genti. È principalmente per questo che il mondo intellettuale si interessa alla nostra penisola: dovremmo andarne fieri, ma l’ignoranza dei (non volutamente precisati) gestori non lo permette.

Quali sono i tuoi progetti letterari a breve?

Se intende quelli universitari, conseguirò la laurea specialistica entro quest’anno, dopodiché vorrei passare alla magistrale in Filosofia, così da avere una formazione, oltre a quella filologica classica, anche filosofica. Se invece intende quelli di produzione letteraria, sto collaborando con Carla Forno, la direttrice del Centro studi Alfieriani, per un nuovo omaggio ad Alfieri, questa volta ispirato all’Agide. Di più non posso dire… come disse il Vittorio “molto oprar, poco dir, nulla vantarsi.”