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Il PPD condivide la decisione difficile ma necessaria del Consiglio di Stato, che ha voluto lanciare un segnale a Berna e a Roma inteso a risolvere i problemi cui siamo confrontati con l’Italia.
Al momento viene corrisposto il 50% del ristorno dell’imposta alla fonte sul reddito dei frontalieri. Il restante 50% verrà versato in un secondo momento in attesa che fra i due Stati vengano riprese le trattative volte a ridefinire l’accordo sull’imposizione dei frontalieri.

Il PPD condivide la decisione difficile ma necessaria del Consiglio di Stato in merito al riversamento della quota dell’imposta alla fonte sul reddito dei frontalieri.
Non si tratta di un gesto di ostilità nei confronti dei nostri vicini, quanto piuttosto di un segnale politico finalizzato a sbloccare una situazione che penalizza il nostro Cantone nell’ambito dei rapporti con l’Italia.
Il deposito su un conto vincolato del 50% dell’imposta alla fonte dovuta e riconosciuta all’Italia non dovrebbe arrecare pregiudizi ai Comuni di frontiera, beneficiari dell’imposta e con i quali il Ticino ha sempre intrattenuto ottimi rapporti. Tanto più se si considera che il conto verrà svincolato non appena Berna e Roma avranno riattivato i negoziati.

Il PPD ritiene tuttavia che un segnale politico chiaro all’indirizzo dell’Italia e della Confederazione possa contribuire a riattivare i negoziati concernenti l’adeguamento dell’aliquota del ristorno, come pure quelli relativi allo scambio di informazioni su richiesta – e non automatico – sulla base dello standard dell’OCSE.
La necessità di questo segnale, si ricorda, è stata nelle ultime settimane più volte ribadita da numerosi ambienti e chiesta con prese di posizione e atti parlamentari da parte di LEGA, PLRT e UDC.

Il PPD auspica quindi che la Confederazione si attivi quanto prima per rinegoziare l’Accordo sui frontalieri del 1974, abbassando e adeguando l’aliquota fissata al 38,8%, come per altro chiesto con una recente iniziativa cantonale – approvata a larghissima maggioranza dal Gran Consiglio – presentata dagli allora deputati Regazzi, Beltraminelli e Jelmini a nome del gruppo PPD.
È infatti evidente che un numero sempre più elevato di lavoratori dipendenti residenti nella fascia di frontiera italiana non rientra quotidianamente al proprio domicilio e numerosi lavoratori italiani non provengono più dalla fascia di frontiera (20 km). Le condizioni quadro rispetto al 1974 sono quindi cambiate notevolmente e i due Paesi devono adattare l’accordo.

Se la Confederazione non ottenesse una riduzione significativa del ristorno, il PPD rinnova l’invito al Consiglio di Stato volto a chiedere a Berna misure compensatorie per il Canton Ticino.