Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/inc/ansar/hooks/hook-index-main.php on line 116

Vent’anni sono un niente nella storia, sono una immensità di tempo nella cronaca. Nasceva a dicembre, nel 1991, l’euro, tra grancasse d’entusiasmo e scetticismi minoritari.
Vent’anni fa, sempre a dicembre, veniva deciso lo scioglimento dell’Unione Sovietica.
Vent’anni fa George Bush (il padre) aveva appena fatto guerra a Saddam Hussein, il tiranno iracheno che aveva invaso il Kuwait. Saddam aveva dovuto ritirarsi, Bush senior lo aveva graziato (ci penserà il figlio, oltre dieci anni dopo, a finire il lavoro).
Vent’anni fa finivamo di celebrare il 700. della Confederazione, il cui presidente era quell’anno un ticinese, Flavio Cotti (non sembra vero).

Cominciamo da qui. Il nostro Paese, al di là di qualche mugugno di intellettuali dissenzienti, aveva celebrato la propria antica consistenza di «nazione della volontà».
Swissair volava alta nei cieli, di averi ebraici nei forzieri elvetici non parlava nessuno, le banche svizzere erano forti, sicure, discrete, credibili, in governo vigeva una formula magica collaudata, l’UDC era un partito minore di governo di destra moderata (in Consiglio federale c’era Ogi).

Oggi, si sa, le cose sono più difficili, sfuggenti a giudizi sicuri. Anche la Svizzera è una «società liquida», forse è giunta l’ora di tirar fuori quel che resta di quella famosa volontà per riassemblare lo stato-nazione unico al mondo che noi siamo: lingue e culture diverse in piena coesione, confessioni religiose diverse, una barriera alpina che non divide ma anzi unisce, un federalismo esemplare, un benessere sedimentato.
Ma attorno a noi le frontiere sono molli, l’Europa burocratica e senz’anima tuttavia incombe, le migrazioni inevitabili verso l’Occidente ci toccano, la globalizzazione economica tecnologica e mediatica non ci risparmia, il servizio militare non è più il collante psicologico dei maschi elvetici, non basta certo il coltellino multiuso a cementare un’identità sfidata.
Eppure l’Europa non può che imparare qualcosa da questo nostro piccolo laboratorio di coesione culturale, di civiltà, di meccanismi democratici accurati.

In quanto all’Unione Sovietica dissolta vent’anni fa, l’altro giorno in una bella trasmissione della nostra Rete Due alcuni ex comunisti italiani ne hanno parlato. Hanno ammesso che quando la bandiera rossa venne ammainata dalla guglia del Cremlino essi furono tristi: finiva per disillusione sperimentata un loro sogno anche sincero, finiva la loro giovinezza.
Emanuele Macaluso ha ammesso d’averci creduto, ha ammesso tutti i terribili errori e l’imperdonabile ritardo con cui la sinistra marxista comunista in Occidente se ne accorse e se ne distanziò. Quanta bella gioventù sprecata, quanto talento intellettuale buttato in nome di quell’utopia di fatto nata già malata!
La prima guerra irachena di vent’anni fa precedette di dieci anni l’11 settembre.
Ci fu poi la seconda guerra irachena con l’eliminazione del tiranno fra l’esecrazione del pacifismo internazionale, peraltro silente al momento del recente linciaggio dell’altro tiranno, Gheddafi. Al di là di ciò le guerre sono sempre un male, quasi mai necessario.
In quanto all’euro, il ventesimo compleanno lo ritrova in pessima salute. Dottore, è grave? vien fatto di chiedere. Ma i dottori da interpellare sarebbero gli economisti. E gli economisti sono bravissimi nel fare previsioni. Quasi sempre sbagliate.

Pubblicato sul Corriere del Ticino il 12.12.2011 – per gentile concessione