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Davanti alla decisione della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati che per la seconda volta (recidiva!) respinge l’iniziativa cantonale ticinese che mira a ridurre dall’attuale 38.8% al 12.5% il tasso di ristorno delle imposte alla fonte dei frontalieri, non si può che esternare sconcerto e irritazione. Anche se lo stupore non è eccessivo, essendo, come detto, la citata Commissione degli Stati recidiva.
Ci si sarebbe però potuti attendere che il dibattito al Nazionale – che ha visto il convinto intervento di 7 Consiglieri nazionali ticinesi su 8 – le argomentazioni addotte in quell’occasione, e il voto favorevole all’iniziativa della Camera del popolo, avrebbero fatto riflettere la Camera alta.
Così, evidentemente, non è stato.

Rifiutare l’iniziativa ticinese a favore di una mozione (del Consiglio degli Stati) annacquata e completamente inutile, specialmente dopo il dibattito al Nazionale, significa da un lato dare l’ennesimo schiaffo al Ticino, ciò che non giova certamente al federalismo, e, dall’altro, misconoscere la realtà dei fatti, abboccando all’esca italiana.
Lo “storico” dell’accordo con l’Italia sui ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri dimostra che il tasso spropositato (40%, poi ridotto al 38.8%) nacque come prezzo del riconoscimento del nostro segreto bancario da parte dell’Italia. Un prezzo che da quasi quarant’anni viene versato pressoché interamente dal Ticino.
Non per nulla al nostro Cantone, in occasione del dibattito del 1974, il Consiglio federale promise un indennizzo (per ottenere l’accordo della Deputazione ticinese) per poi rimangiarsi la parola nel giro di breve tempo.
Visto che l’Italia non riconosce più il segreto bancario elvetico, ed anzi a causa di esso ha inserito la Svizzera nelle famose black list dalle quali non sembra intenzionata a toglierla, un tasso di ristorno superiore a quello stabilito con l’Austria (12.5%: l’unico tasso concordato in regime di libera circolazione delle persone con l’UE) non ha alcuna ragione di esistere.
La Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati vuole dunque imporre al Ticino di pagare un indennizzo non dovuto, in quanto ormai privo d’oggetto. Cosa che il nostro Cantone non può in nessun caso accettare.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale Lega dei Ticinesi