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L’analisi e la discussione relativa ai consuntivi dello Stato, spesso, rappresenta un esercizio sterile. Il tutto è stato infatti deciso in tempi sufficientemente lontani per essere largamente superato dagli eventi e interventi postumi non sono più possibili.
Questa volta però mi sento di poter dire che qualcosina è cambiato rispetto a questa triste descrizione, una piccola lezione la possiamo veramente trarre, qui e ora, anche se gli insegnamenti non possono che lasciarci ancora più insoddisfatti rispetto a quando, in quel dicembre 2010, criticammo aspramente i preventivi.
In buona sostanza l’impressione, anzi la certezza, care colleghe e colleghi, è che ancora una volta, purtroppo, abbiamo perso del tempo e delle energie preziose.

Alle porte delle strenne natalizie, chi con toni più severi e chi con voci bianche, avevamo tutti battezzato quei conti attribuendo loro la sfortunata e condivisa aura di transizione. La domanda che mi ponevo a suo tempo. domanda che ancora mi risulta difficile da dare una risposta era: transizione verso dove? E allora dai nostri banchi, e non solo dai nostri, si era obbiettato che questa infelice formulazione era utile solo a coprire un imperdonabile e ingiustificabile ulteriore immobilismo progettuale. Il Governo, complice questo gremio troppo buonista che ha approvato il preventivo, ha invece colpevolmente ritenuto di rinviare delle scelte strategiche che nella situazione in cui ci troviamo sono, purtroppo o per fortuna, divenute improcrastinabili.

Noi tutti, parlamentari di milizia, e questo penso sia chiaro, non siamo stati eletti dai cittadini per svolgere compiti contabili, noi dovremmo dare un significato politico ai numeri che abbiamo sotto gli occhi, prendendoci anche il rischio di dire di no alle transizioni che non ci portano da nessuna parte.
A suo tempo il mio gruppo decise di non sostenere il programma di spesa, oggi ci rendiamo conto di quanto quella scelta fu lungimirante. La ragione è presto trovata: il Governo uscente non aveva avuto il coraggio politico di presentare delle riforme, un progetto per il nostro Cantone e una revisione dei compiti dello Stato, e, con atteggiamento pilatesco, ha deciso di lavarsene le mani lasciando il compito ad altri.
Durante quella sessione, lo ricordo bene, il Governo, che non si sarebbe ripresentato al giudizio degli elettori per i suoi tre quinti, si era schierato compatto in difesa di un documento senz’anima né progettualità. Gli uscenti, e non rientranti, non dettero mai l’impressione di voler tentare qualcosa di coraggioso, azione quest’ultima che sarebbe stata oltre tutto senza pericolo, vista la totale assenza di pressione sulle loro spalle.
Una vera e propria occasione persa pensammo, sperando nell’aprile 2011. Purtroppo, le nostre speranze sono rimaste delle illusioni perché abbiamo ritrovato lo stesso stucchevole immobilismo e la stessa timidezza nel nuovo Governo, capace per di più di presentare progetti già morti in partenza quali il freno ai disavanzi, ma questa è uno spartito che suoneremo nel commento delle linee direttive e piano strategico.

Andiamo oltre, commentando questi risultati, migliori del previsto, fortunatamente e non certo così inaspettatamente almeno ai nostri occhi, non possiamo sottacere il fatto che il rosso porpora prospettato in sede preventiva e il rosino pallido del consuntivo ha frustrato uno spazio di manovra politico multimilionario, all’interno del quale si potevano finalmente innestare manovre, ma cosa dico, non voglio spaventare la sinistra, manovrine fiscali, che permettano non certo di diventare i primi della classe, ma almeno, per quanto attiene a determinati ambiti specifici, comunque competitivi o allineati a livello intercantonale.
Questo per quanto attiene al contesto dei ricavi, dove la nostra convinzione è che investendo in migliori condizioni quadro favoriamo la creazione di ricchezza, mentre per quanto riguarda l’altra dimensione, quelle delle spese, non possiamo che scrollare le spalle alla luce dell’insostenibile impreparazione che cronicamente affligge i nostri Esecutivi.

Comprendo che i mercati politici dei partiti di Governo fiacchino la propositività e la fantasia di chi é chiamato, per compito istituzionale e direi anche morale, a riformare per migliorare l’efficienza dello Stato, tuttavia i tempi non permettono più il rinvio della revisione dei compiti cantonali.
Colleghe e colleghi, siamo davvero a due minuti a mezzanotte, e da parte nostra non possiamo in coscienza considerare buona l’azione di Governo, in quanto orientata alla sopravvivenza e non alla costruzione di fattori strategici di successo nel medio e lungo temine.
La sempiterna omeopatia somministrataci a ingenti dosi non basta, ma forse in questo Cantone è necessario toccare il fondo per reagire, il problema è che il fondo si avvicina minacciosamente e se le exit strategy sono quelle illustrate, in estrema sintesi, a pagina 145 e 146 del rapporto al Gran Consiglio sulle linee direttive e sul piano finanziario 2012-2015, non possiamo certo dormire tra due guanciali.
Termino con un brevissimo excursus su una mia mozione del 22 settembre 2008, ossia di circa 3 anni e mezzo fa, volta a migliorare l’efficienza della Banca dello Stato, citando uno stralcio della tempestiva risposta di qualche giorno fa del Consiglio di Stato: “siamo coscienti del lungo tempo intercorso dalla formalizzazione dell’atto parlamentare.
La questione posta dalla mozione, (ossia la possibile trasformazione di BancaStato in società anonima di diritto pubblico secondo l’art. 763 del Codice delle obbligazioni), è chiaramente di quelle che non possono essere affrontate semplicemente e in breve tempo.”
Ma come in breve tempo, se questa è la reattività dell’Esecutivo, auguriamoci di non dover mai aver bisogno neppure di una aspirina da parte dello Stato.

Alla luce di quanto esposto il gruppo UDC non se la sente di appoggiare le conclusioni del rapporto di maggioranza e quindi non approverà i conti consuntivi 2011.

Marco Chiesa