jack 200Particolarmente divertente in questo Zibaldone la rievocazione del drammatico aprile 1987 (sono passati 28 anni e siamo ancora tutti vivi!). Soldati si dilunga sugli “occhi blu” di un socialdemocratico, dice varie cose ma non dice “tutto”. Provvedo a fornire un modesto complemento d’informazione.

1) Il “casus belli” nacque da un’aperta provocazione dei Radicali che, tramite il “Dovere”, presero posizione in favore di Martinelli. Il PST non gli bastava più, ci voleva il PSA (fondato 18 anni prima, in pieno Sessantotto).

2) I Liberali (“Gazzettiani”) reagirono, giustamente a mio avviso, montando una specie di “complotto” in favore di Bervini.

3) Soldati “confessa” il preferenziale a Bervini, ma in realtà molti elettori furono indotti a votare la scheda PST.

4) Il risultato fu “dirompente”. Bervini e Martinelli entrambi eletti, con Generali e Buffi (per il rotto della cuffia) e Respini. Caccia, esponente della sinistra democristiana, escluso.

5) Non sto a dire che il “bel Rossano” non avesse compreso la situazione, sarebbe un insulto alla sua intelligenza. Di fatto di comportò in modo fatuo e noncurante, come se tutto gli fosse dovuto e come se quel sostanzioso malloppo di voti ricevuti per grazia di Dio (ma forse non si trattava di Dio) fossero realmente suoi voti.

6) La resa dei conti arrivò nel 1991 (e in quell’anno nasceva la Lega). Martinelli era il più forte e nessuno alzò più una paglia in favore di Bervini (certe cose non si possono fare due volte).

7) Un’altra vendetta arrivò, puntuale, nell’autunno.

Soldati G 200PERCHÈ LA SANITÀ LIBERA È UN DIRITTO DI TUTTI

Che Matteo Renzi potesse essere un venditore di fumo (di diabolica abilità, ne convengo, ma sempre della categoria degli imbroglioni) lo sospettavo da tempo. I suoi comportamenti recenti mi sembra che confermino il sospetto, avviandolo verso la certezza. Non si rende conto che sta commettendo grossolani errori, di quelli che non gli verranno mai perdonati dalle vittime delle sue sfottiture. Irridere partiti o partitini che lo hanno aiutato a governare approfittando delle loro momentanee difficoltà è con assoluta certezza l’errore più grave che un politico possa commettere.

Ebbro di (vana)gloria questo strabiliante e straordinario venditore di se stesso gira il mondo affrontando i grandi con le mani in tasca e guardandoli dall’alto a capo reclino (un atteggiamento che caratterizzava il Mussolini dei tempi d’oro e che il nostro fiorentino imita inconsapevolmente alla perfezione) si è permesso pesanti sfottiture all’UDC, il partitucolo di Casini che gli fornisce modesto appoggio e qualche ministro, e, peggio ancora, a FI da lui spudoratamente tradita quando si è trattato di dar esecuzione a quanto convenuto con il patto del Nazareno. Un patto, sia ben chiaro, che era quanto di meno democratico e di più immorale si potesse concepire, sotto forma di decisioni da tener riservate da parte di due personaggi che in fin dei conti si somigliano come due fratelli gemelli.

Maurizio Belpietro, lucido direttore di “Libero”, addebita a Renzi queste sfottiture qualificandole come “uscite che paiono quelle di un bullo di provincia”. E no, caro direttore, non “paiono”, ma “sono”.

Un caso simile era capitato, nel 1987, anche in Ticino. Rossano Bervini era in carica da 4 anni, la sua rielezione non era sicura perché sulla lista dei candidati PS figurava anche Pietro Martinelli, che a quei tempi era ancora decisamente convinto di dover e poter cambiare il mondo e perciò molto più inviso ai moderati e in particolare alla destra di quel che potesse essere Bervini. Pensando di far cosa logica e giusta scegliendo il male minore, molti elettori di questa area (e tra di loro anche il sottoscritto) diedero un voto personale a Bervini. L’idea del voto da destra a Bervini però l’avevano avuta in troppi, e il risultato australiano, nel senso di un colpo di boomerang da stendere un bue, fu che eletti furono i due concorrenti socialisti. Bervini, che affascinava le donne con i suoi occhi blu, si credette da allora in poi elettoralmente imbattibile, non seppe più contenersi e si permise pesanti sfottiture nei confronti degli incauti “destrorsi” che lo avevano sostenuto. Una sfottitura irridente e poco benevola la riservò pure a me, in Gran Consiglio. Non si era reso conto che con quelle sfottiture poneva fine alla propria carriera politica, che avrebbe potuto essere brillantissima e ben più lunga di quella che ha avuto. Nel 1991 avrebbe potuto beneficiare ancora di un sostegno dal centro- destra per battere Martinelli, ma se ne era privato con la sua bocca. Morale della favola: la lingua è un’arma pericolosa da maneggiare.

Se campa abbastanza, anche Matteo Renzi lo imparerà.

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Incredibile? Sì! Vero? Falso? Non so. 7 febbraio 2015: leggo su Teletext che il presidente Thomas Jordan della banca centrale svizzera (BNS) ha risposto negativamente alla richiesta dell’Unione della Casse pensioni private svizzere di vedersi esentate dal tasso di interesse negativo per i loro depositi presso l’istituto centrale. Cosa concessa invece, unica eccezione, a Pubblica, cassa pensione degli impiegati federali.

Fosse vera l’informazione di Teletext, e nel frattempo sono giunte conferme da più fonti, un’ingiustizia abominevole, perché un simile trattamento preferenziale di un gruppo di cittadini, quelli stipendiati dall’ente pubblico, per rapporto a quelli del campo privato, è di per sé ingiusto e discriminante. Doppiamente ingiusto perché i pubblici impiegato godono già di un trattamento pensionistico di favore (più contributo del datore di lavoro che proprio), mentre i pensionati privati sono obbligati al sistema contributivo (metà a carico futuro pensionato, metà a carico del datore di lavoro).

Non ho sentito, da destra o da manca, neppure una flebile protesta, eppure in giuoco sono fior di milioni, sottratti al settore privato. I dubbi sorgono spontanei nella mente. Il primo (a pensar male si fa peccato ma …..) è che la Pubblica possa essere la cassa pensione di Thomas Jordan e dei suoi colleghi della BNS. Il secondo, meno cattivo, che ci possa essere qualcuno affetto da un tumore cerebrale non ancora diagnosticato ma che comincia a manifestarsi. E allora, anche spontaneo, sorge l’augurio che possa trattarsi di tumore benigno. Il terzo dubbio è che invece di un tumore cerebrale possa trattarsi dello stress pesantissimo causato al presidente Jordan dalle altrettanto pesantissime critiche alla sua decisione di annullare la decisione del suo (indegno) predecessore di fissare il cambio franco/euro a 1,20. Critiche però che sono state talmente interessate da perdere ogni credibilità da parte di chi non ha particolari interessi da difendere, ma ha ancora i piedi sulla terra. Critiche quindi che un direttore di una banca centrale di un paese con valuta forte deve essere ingrado di sostenere col sorriso sulle labbra e la letizia nel cuore.

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Ho scritto, il giorno dopo l’abolizione del tasso di cambio fisso, che Jordan e i suoi colleghi avevano agito nel “terrore” di vedere crollar loro addosso il macigno di miliardi di euro incamerati nei loro forzieri per sostenere l’asticella posta e mantenuta per oltre 3 anni troppo in alto. Andreas Höfert, attuale economista in capo dell’UBS, ha scritto su “Weltwoche” che la BNS ha “agito nel panico”. Il panico è una manifestazione del terrore.

Sullo stesso settimanale Nick Hayek, erede con la sorella dell’impero “Swatch Group”, creato dal nulla da un padre ben più meritevole di lui, ha ferocemente criticato la decisione di Jordan e consoci. Un disastro, secondo lui, per l’economia svizzera. Delle centinaia e centinaia di milioni che ha guadagnato in più del normale grazie alla decisione del tasso di cambio fisso, neppure una parola. E poi vogliono anche essere creduti, questi nostri grandi imprenditori che quando parlano degli interessi della Svizzera lo fanno solo ed esclusivamente guardandosi nello specchio. Quod licet Iovi non licet bovi?

Gianfranco Soldati, candidato al Gran Consiglio per La Destra