Soldati 127 bStando alla “Schweiz am Sonntag” i parlamentari federali classificabili come fans dell’ex Presidente dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) e attuale Consigliere federale a capo del Dipartimento degli Esteri, Didier Burkhalter, vorrebbero proporlo come prossimo candidato al premio Nobel per la Pace. Una richiesta da giustificare tenendo in considerazione l’incredibile suo impegno “pacificatore” in Ucraina e in Siria, più nella qualità di prestigioso presidente del consesso internazionale che in quello di presidente della Confederazione, entità troppo minuscola per un politico come il nostro neocastellano, sicuro come non mai del suo livello planetario. A dire il vero sia l’Ucraina che la Siria, dopo la cura pacificatrice di Burkhalter, se così posso esprimermi, sono più in guerra che mai. Ma da un’associazione come quella di Oslo, che ha avuto l’impudenza di attribuire un Nobel per la pace ad Obama, ci si può aspettare di tutto, anche che dia soddisfazione ai fans di cui ho appena detto.

Se si tiene poi in considerazione l’eurofilia (s)considerata dell’alto magistrato, che incurante della nostra manifesta ritrosìa, tanto si impegna per portarci in salvo a Brussella, fuori dal pelago tempestoso in cui i suoi sostenitori pensano che navighi la nostra economia, allora si potrebbe ipotizzare che un premio Nobel potrebbe arrivargli anche da Stoccolma, quello per l’Economia. Sarebbe la prima storica attribuzione contemporanea di due premi Nobel ad un’unica personalità.

*

Il 9 febbraio 2014 ha partorito un rospo che il nostro CF non riesce ad inghiottire. La disfagìa (difficoltà dell’atto di deglutire) è particolarmente evidente nella Signora Sommaruga, quella che tanto buona, gentile, mite e mansueta appare, in Didier Burkhalter, che notoriamente aspira a succedere a Juncker, con un trionfale viaggio a Brussella con al seguito un popolo concorde e giubilante, e poi in Alain Berset, che forse in cuor suo coltiva un atroce dubbio, ma che da buon socialista persegue quel che sta scritto nel programma di legislatura del suo partito, che degnamente rappresenta sotto la cupola federale: l’integrazione senza se e senza ma nell’UE.

L’UE, che ha fatto scempio del suo trattato che doveva costituirne lo scheletro costituzionale (Maastricht, 3% di deficit annuale, 60% del PIL di debito sovrano, no bail out, nessun stato dell’Unione può intervenire a garantire o finanziare il debito eccessivo degli altri stati dell’Unione), e che adesso è costretta ad inginocchiarsi al cospetto di un qualsiasi Varoufakis perché se non lo fa il suo castello sulla sabbia crolla di schianto, questa UE, sto dicendo, può far strame di tutto, salvo che di un principio: quello della libera circolazione delle persone. Dovessero, per delirio di ipotesi, arrivare in Svizzera, attratti dagli stipendi alti e più ancora dalle strabilianti prestazioni sociali, 250 mio di “liberi circolanti”, a ricoprire anche le pendici del Cervino, ebbene, la libera circolazione è un dogma, e peste e corna al popolo svizzero che pretende di mettere in discussione un dogma. È quel che ha ben capito il nostro CF, che quando manda a Brussella la mite Signora non lo fa per discutere, ma solo per scusarsi dell’impudenza del suo popolo.

*

La gente, in genere, è dura di comprendonio. Se così non fosse, in Svizzera come nel resto del mondo, già dai tempi della caduta del muro di Berlino, esisterebbero solo due partiti: il socialista e il verde, tale e quale, senza alcun inquinamento liberale (o pseudoliberale), autoproclamati detentori praticamente monopolistici di tutte le idee positive e progressiste della politica. Il PS invece oscilla e ristagna su un risicato e misero (per rapporto alla nobiltà e concretezza degli intenti) 15-20%, mentre i verdi, dopo una rapida crescita dal niente verso il 10%, da qualche mese danno segni di precoce usura. Strano, questo affaticamento dei verdi, rappresentati nelle Camere federali da persone di estrema competenza professionale (il loro corifeo per antonomasia è Bastien Girod, docente universitario in quel di Zurigo). Gli è che questi loro rappresentanti, oltre che nella politica, sono spesso anche in altre faccende affacendati. Per fare un esempio: il consigliere nazionale verde e bernese Alec von Graffenried (nobile casato bernese e friburghese questo, ricordo, ai tempi della mia infanzia, Toulo de Graffenried, miglior pilota svizzero prima di Jo Siffert) ha dato le dimissioni. Subentrante era Urs Muntwyler, docente di fotovoltaica e pioniere autoproclamatosi tale nel campo dell’energia solare, che ha però rinunciato all’onere e all’onore di subentrare per dedicarsi alla ricerca. La carica è così toccata alla sub-subentrante, Christine Häsler, che si è dichiarata entusiasta per l’inaspettata fortuna, lieta di poter così dare il suo contributo al sostegno della “svolta energetica 2050” voluta dalle 4 donzelle con “Atom-Doris” in testa.
Il professor Muntwyler ha fatto bene a lasciare il CN per dedicarsi alla ricerca. Chi cerca trova. E se trova può facilmente dimenticare il fallimento nel 2013 della sua ditta “Solarcenter Muntwyler” e i conseguenti 23 disoccupati lasciati sul campo.

Stranamente, buona parte dei parlamentari verdi delle due Camere federali che si sono segnalati come convinti sostenitori dell’uscita dall’atomo sono proprietari o alti dirigenti di aziende attive nel campo delle energie alternative. Aziende non di rado fallimentari, malgrado la pioggia sempre più intensa di sussidi ottenuti dalla loro potente lobbia.

Gianfranco Soldati