Dove avvengono i suicidi assistiti?
L’Autrice dell’articolo pone la domanda e sollecita una maggiore trasparenza
Negli ultimi giorni, l’assistenza al suicidio ha catalizzato l’interesse di molti, in tutta la Svizzera. Mentre in Ticino, Morisoli presentava le conclusioni alle quali era pervenuta la Commissione sanitaria cantonale, in Svizzera interna venivano resi pubblici i dati relativi alle persone che, nel corso del 2015, si sono rivolte alle diverse associazioni di aiuto al suicidio attive sul territorio elvetico (Exit svizzera romanda, Exit svizzera tedesca, Dignitas, Life circle/Eternal spirit, Ex-international e Liberty Life) e, a Basilea, a una delle associazioni veniva levata l’autorizzazione necessaria alla “stanza della morte”, mentre la presidente dichiarava di aver acquistato un veicolo nel caso in cui fosse impossibile ottenere un’altra autorizzazione.
Anche il 2015 segna un aumento delle morti accompagnate. Exit svizzera tedesca dichiara di aver accompagnato 782 persone e di avere 96’000 membri. Exit svizzera romanda ha accompagnato 213 persone e conta 20’500 membri. Dignitas ha accompagnato 222 stranieri provenienti prevalentemente dalla Germania, seguita da Inghilterra, Francia e Italia. I membri sono circa 7’100. E infine Life circle/ Eternal spirit, attivi a Basilea, dichiarano di aver accompagnato alla morte circa 130 persone, di cui circa 2/3 provenienti dall’estero e di contare circa 1000 membri.
Tirando le somme, le persone che sono state aiutate a morire nel 2015 ammontano a 1’347 (1,5% del totale dei decessi). Il presidente di Exit svizzera romanda ha dichiarato ieri a La liberté che, a suo avviso, le morti per suicidio assistito continueranno ad aumentare per un certo tempo, per poi stabilizzarsi intorno al 2%, poiché per suicidarsi “è necessario aver carattere”. L’aumento è dovuto a diversi fattori, tra i quali probabilmente gioca un ruolo significativo il fatto che, se prima le associazioni accettavano esclusivamente le domande di persone malate che avevano una speranza di vita di qualche mese, da circa un anno questa limitazione è stata ufficialmente levata. Ora le richieste vengono accettate anche se la persona in questione soffre di una serie di patologie non mortali e che, a questo, si aggiunge la stanchezza di vivere.
Essere membri di una delle associazione, permette di beneficiare dei servizi offerti, tra cui la redazione e il deposito delle direttive anticipate e l’aiuto al suicidio. Se per Exit svizzera romanda e Exit svizzera tedesca, la nazionalità o la residenza svizzera sono una conditio sine qua non per diventare membri, ciò non è vero per tutte le altre associazioni. Dignitas, Ex-international, Life circle e Liberty Life accettano anche membri stranieri, ma il suicidio assistito non è compreso nella quota associativa. Il costo è variabile e oscilla tra i 6’000 e i 10’000. Sfortunatamente, all’appello delle cifre, mancano Liberty Life e Ex-international, l’una attiva in Ticino, l’altra a Berna.
La storia di Liberty life ha inizio nel 2014 quando Mariangela Gasperini e Massimo Chiodi (entrambi italiani residenti in Ticino) danno vita all’associazione. Fino a quel momento, la signora Gasperini, infermiera di formazione, si occupava di assistenza agli anziani, di abbigliamento, ma anche di cure estetiche (french manicure e butolino compreso). Il Signor Chiodi invece era amministratore di una serie di società principalmente attive nella costruzione e di qualche altra attiva nella cura agli anziani e ai disabili.
Un mese dopo la creazione di Liberty Life, Ettore Vismara, allora Sindaco di Paradiso, ufficializza quelle che fino a quel momento erano solo voci di corridoio: nessuna autorizzazione verrà accordata dal comune per la creazione di una “stanza della morte”. In altre parole, il sindaco chiarisce che la Liberty Life non potrà beneficiare della licenza edilizia necessaria a praticare l’assistenza al suicidio.
Nel giugno 2015, Raul Ghisletta presenta un’interpellanza chiedendo chiarimenti su quella che definisce “l’incredibile saga Gasperini-Chiodi”. Il merito di Ghisletta è quello di aver messo in luce una costruzione dai contorni dubbi. L’interpellanza del gran consigliere porta, nel dicembre del 2015, alla revoca dell’autorizzazione di esercizio della professione** di infermiera in cure generali alla signora Mariangela Gasperini che, di conseguenza, non potrà più esercitare l’attività di infermiera, né a titolo dipendente né a titolo indipendente, così come le è vietata ogni attività in ambito sanitario. ** [Raul Ghisletta, contattato dalla Redazione, precisa che contro la decisione dell’autorità è stato interposto ricorso]
Sempre nel dicembre 2015, Chiodi lascia l’associazione Liberty Life che sposta la propria sede da Paradiso a Riva San Vitale. Esattamente lo stesso giorno, l’Associazione Nuovi Orizzonti, con presidente la signora Gasperini, si sposta da Biasca a Cama e cambia gli scopi statutari. Si tratta ancora una volta di aiuto a persone anziane, in particolare di assistenza domiciliare, trasporto di ammalati e post-degenti e acquisto e gestione di strutture per anziani, bisognosi e diversamente abili.
Contattata telefonicamente, Liberty life ha dichiarato di non aver fatto richiesta al comune al fine di poter garantire il suo principale scopo societario, ossia l’impegno affinché le persone anziane possano avere accesso facilitato al medicinale letale. La domanda sorge allora spontanea: dove avvengono i suicidi assistiti? Se a Paradiso prima e a Riva San Vitale adesso, Liberty Life non poteva fare affidamento sull’autorizzazione necessaria, come si giustificano le testimonianze di ringraziamento dei parenti delle persone alle quali Liberty Life ha fornito l’assistenza al suicidio? Volete sapere cosa risponde Liberty Life? Rispondono dicendo che sì, effettivamente, operano sul territorio ticinese. Ma allora forse si tratta solo di cittadini ticinesi che muoiono suicidi a casa loro? Ebbene no, poiché Liberty Life conferma anche che la sua collaborazione con Exit Italia permane.
È il momento di questionarsi sull’esistenza di quest’associazione per il diritto a morire. Il problema, appunto, non è il servizio che offre (che, in certi limiti, è legale), ma la mancanza di trasparenza che non può impedire di far planare su Liberty Life dubbi e preoccupazioni.
Trattandosi della morte accompagnata, ogni associazione dovrebbe, per legge o per dovere morale, fornire informazioni riguardante il numero di suicidi assistiti, il numero dei suoi membri, la procedura (ricordiamo che l’Accademia svizzera delle scienze mediche ha redatto delle direttive per quanto riguarda il suicidio assistito), il costo a carico di coloro che si rivolgono all’associazione e il luogo in cui avvengono i suicidi (nessuno dovrebbe essere costretto a suicidarsi in un veicolo in mezzo a un parcheggio pubblico!).
Come detto, il totale degli iscritti alle differenti associazioni per il diritto al suicidio presenti sul territorio svizzero, supera largamente le 100’000 persone. Per lanciare un’iniziativa popolare tesa a una modifica costituzionale che riconosca il diritto alla morte, inteso come diritto di chiedere e ottenere eutanasia o assistenza al suicidio, le firme sembrerebbero garantite. Come mai allora, ormai da quasi quarant’anni, le associazioni che, secondo gli statuti, operano perché sia riconosciuto tale diritto, sono rimaste inerti? Se un diritto alla morte fosse riconosciuto a livello costituzionale, le attuali associazioni sarebbero difficilmente riconosciute come garanti.
Benedetta Galetti