Coscienza svizzera compie 70 anni e sabato 13 ottobre organizza all’USI una giornata di dibattito e studio, alle presenza del consigliere federale Ignazio Cassis, cui verrà affidato l’intervento conclusivo.
Per conoscere meglio l’associazione abbiamo posto alcune domande a Sergio Roic, membro di comitato. Un’intervista di Francesco De Maria.
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Francesco De Maria Vorrei aprire l’intervista con l’identikit dell’aderente a Coscienza svizzera.
Quando è stata fondata l’associazione? Da chi? Quali sono i suoi scopi?
Sergio Roic L’associazione è stata fondata settant’anni fa, nel 1948, da un gruppo di cosiddetti “relatori”. Il primo comitato dell’associazione comprendeva alcune personalità di quel tempo come Guido Calgari, Bruno Pedrazzini e Giuseppe Luigi Beeler.
Gli scopi originari erano quelli legati all’epoca della sua fondazione, ovvero il dopoguerra. L’idea era di continuare, dopo l’esperienza della “difesa spirituale” del paese nel periodo bellico, a ragionare sui motivi dell’unità degli svizzeri e sui modi e metodi che hanno portato al successo di questa unità. Un accento forte era posto, portato di quel tempo, sull’identità democratica degli svizzeri in antagonismo con i totalitarismi europei del periodo bellico e prebellico e con le loro narrazioni. Nel tempo c’è stata un’evoluzione, nel senso che ci si è poi occupati sempre di più dei fenomeni che caratterizzano la Svizzera moderna e che l’associazione ha messo in contesto attraverso i suoi progetti ma anche attraverso pubblicazioni e dibattiti pubblici, invero abbastanza numerosi. Ultimamente siamo arrivati, in ambito elvetico, a trattare l’ampia problematica dell’impatto di ciò che è globale su ciò che è locale per quel che riguarda l’economia, l’identità, la lingua.
Coscienza svizzera si dichiara “apartitica”, ma ha certamente una tendenza politica. Saprebbe definirmela?
In realtà, Coscienza svizzera è davvero apartitica nel senso che non fa politica ma al limite la analizza, insomma prende in considerazione il succedersi di fatti e tendenze che coinvolgono la Svizzera. Il compito che si è proposta Coscienza svizzera non è infatti principalmente quello di indirizzare pensiero e azione, come succede in politica, ma è quello di analizzare le realtà e trarne insegnamento. È pur vero che l’associazione si fonda su alcuni principi e valori, che sono poi quelli del nostro Paese: l’attenzione alle minoranze, il plurilinguismo (e la difesa della lingua italiana, ad esempio, ma anche un interesse particolare per il romancio), la coesione nazionale in grado di superare i vari ”Graben” che per fortuna non riescono a dividere significativamente la Confederazione. A dire il vero, siamo una sorta di “think tank”, un “pensatoio” dalle forti radici elvetiche che guarda alla Svizzera in cammino.
Nei suoi 70 anni di vita quali successi ha ottenuto l’Associazione?
Abbiamo trattato e approfondito numerosi temi, quali l’identità (compreso il tema delle lingue), le frontiere esterne-interne, i rapporti con l’Europa, il federalismo elvetico, la coesione nazionale. A volte, e forse questo è il maggior successo da ascrivere all’associazione in tempi recenti, siamo anche riusciti ad anticipare qualche tematica che poi si è rivelata importante nel dibattito pubblico nazionale. Il tema dell’identità e quello delle frontiere, ad esempio, è presente in alcuni saggi ben riusciti promossi da Coscienza svizzera (“Identità nella globalità”, “Vivere e capire le frontiere in Svizzera”, “Frontiere e coesione”), quella delle lingue pure (“Italiano per caso”). Abbiamo anche provato, in quanto “pensatoio”, di coprire quell’area grigia che si situa oggi tra il pensiero accademico e le proposte e tendenze attuate poi dalla società e dalla politica, insomma, cercando di stare al passo coi tempi abbiamo provato a commentare e sollevare alcuni i temi “caldi” di una Svizzera localmente compiuta ma altresì inserita nelle vicende globali che la circondano. Senza dimenticare, sono un po’ il nostro fiore all’occhiello, gli incontri annuali tra allievi svizzeri di lingua diversa che imparano a comunicare gli uni con gli altri producendo alla fine un vero e proprio documentario.
Coscienza svizzera è fortemente europeista? Vede le debolezze e i difetti dell’Unione europea?
Non direi che Coscienza svizzera sia fortemente europeista. È necessario ribadire che l’associazione non è politicamente schierata e, anzi, al suo interno discute delle tematiche che caratterizzano il Paese. Non per nulla, nel dibattito che si terrà sabato prossimo anche le tendenze antieuropeiste saranno rappresentate. Detto in sintesi: un “pensatoio” quale crediamo di essere non si schiera certo a vantaggio di una proposta politica o dell’altra, ma le analizza cercando di comprenderne peso ed influenza, ma cercando, naturalmente, anche di scoprire quanto e come le varie proposte e tendenze influenzino il modo di vivere e pensare degli svizzeri, modo di vivere e pensare che ha chiaramente una lunga storia ed evoluzione alle spalle e che è alla base del successo svizzero. I motivi di questo successo – tolleranza, attenzione alle minoranze, plurilinguismo, più culture e lingue che interagiscono pacificamente – sono noti. Noi analizziamo le evoluzioni contemporanee, magari con uno sguardo su quelle future, in modo da poter dare, nel limite del possibile, qualche risposta alle problematiche che, inevitabilmente, attanagliano anche il nostro Paese. Non siamo un oracolo, naturalmente, ma, appunto, un “pensatoio” dove vengono scambiate idee, opinioni e dove si cerca l’approfondimento ragionato di quest’ultime.
Coscienza svizzera riesce a comprendere – pur senza condividerle – le ragioni degli oppositori all’UE ?
Rispondo come sopra: l’associazione ha come scopo di osservare e di trarre ragionamenti dall’attualità del pensiero e dell’azione all’interno della società svizzera, magari in rapporto con quella europea, questo è innegabile, ma senza schierarsi pro o contro l’Europa in quanto organizzazione sovrastatale. Bisogna pur dire che le relazioni Svizzera-Europa sono al centro del dibattito nel nostro paese e Coscienza svizzera se ne occupa in uno dei suoi progetti.
Quanti deputati alle Camere federali sono membri di Coscienza svizzera?
Coscienza svizzera non vieta l’adesione ai politici, ma non la caldeggia nemmeno. Coloro che aderiscono all’associazione lo fanno in qualità di liberi cittadini. Non disponiamo assolutamente di “forze parlamentari” che ci potrebbero rappresentare nel consesso delle Camere federali né siamo in alcun modo una lobby di qualsivoglia genere. Siamo, invece, un gruppo di ricerca e di approfondimento.
Parliamo della giornata del 13 ottobre. Come l’avete pensata? Quali saranno i temi e le personalità più importanti?
La giornata del 13 ottobre è stata pensata ed elaborata a mo’ di festa, ma, naturalmente, si tratta di una festa tutta particolare, della festa di un “think tank” e quindi di una sorta di “festa ragionata”. Per questo ci siamo offerti e abbiamo offerto ai partecipanti dei tre workshop (iscrizione libera) organizzati al mattino presso l’Usi di Lugano tre temi quali l’economia, la cultura e quello che riguarda l’integrazione sovranazionale e il sovranismo da considerare e su cui riflettere pensando alle attualissime (e dibattutissime) relazioni tra Svizzera ed Europa. Tra i partecipanti ai workshop ci sono Luca Maria Gambardella, Jean Zwahlen, Fabio Bossi, Marco Salvi, Maria Rosaria Ferrarese e Gerhard Lob. Nel pomeriggio, sempre all’Usi, verranno tirate le fila delle risultanze espresse dai workshop e ci sarà un dibattito di alto livello sul tema dei rapporti con l’Europa a cui prenderanno parte Mauro dell’Ambrogio, Sergio Morisoli, Gret Haller, Alexis Lautenberg e Renzo Ambrosetti, preceduto da una “conferenza magistrale” di René Schwok.
Ci sarà il consigliere federale Cassis…
Il consigliere federale presenterà un suo messaggio al termine della manifestazione, a conclusione dei lavori, naturalmente in tema con le riflessioni e il dibattito. Le sue riflessioni, in ogni caso, sono quelle di un consigliere federale che deve affrontare proprio il difficile dossier delle relazioni citate in precedenza.
Come valuta Coscienza svizzera questo suo primo anno di attività come “ministro degli esteri”? Il famoso “tasto reset” era solo una battuta di successo, o qualcosa di più?
Coscienza svizzera non valuta il lavoro di singole personalità impegnate in politica, ma potrà forse chinarsi in futuro sulle decisioni che il nostro Paese vorrà prendere (decisioni prese dai cittadini, a seguito di una votazione) nell’ambito delle relazioni esterne. Ripeto, non facciamo politica, ma cerchiamo di valutarne gli effetti e le risultanze in un lasso di tempo opportuno, naturalmente.
Coscienza svizzera è presente sui social?
No, però abbiamo un bel sito www.coscienzasvizzera.ch consultabile che ci rappresenta nella Rete.
Per finire, come reagisce Coscienza svizzera di fronte all’imbarbarimento (ammesso un po’ da tutti) del linguaggio e del dibattito politico?
Non è un tema di cui Coscienza svizzera si sia occupata finora. L’associazione si batte attivamente per il riconoscimento della lingua italiana nel nostro Paese ma è lungi dal prendere posizione riguardo al linguaggio politico che, se mi permette un giudizio del tutto personale, è un portato più che altro della fortissima mediatizzazione di quella società globale-locale, la nostra, il cui nome adeguato sarebbe forse “la società dello scandalo”.
Esclusiva di Ticinolive