di Carlo Regondi, candidato Consiglio comunale Lugano, PLR

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Il messaggio lanciato dall’articolo, simile ad altri, recita: nelle ultime due legislature (coè dal 2013) si è fatto poco o niente, e Lugano sta perdendo la sua “pole position”.

Non sta a noi rispondere a queste accuse, soprattutto perché non ne abbiamo titolo (e neppure desideriamo farlo). Ma forse qualcuno potrebbe, animando il dibattito in questi giorni intensi di “volata finale”.

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Immagine Pixabay

C’era una volta una città che era la locomotiva del Cantone, che sapeva sognare ma soprattutto trasformare in realtà molti, quasi tutti, di questi sogni. Una città che sapeva crescere attirando attorno a sé, oltre che nuovi abitanti, imprenditori ed investitori, le tante piccole realtà che le stavano intorno, trasformandosi nella grande Lugano.

Complice sicuramente un ciclo economico in pieno fermento, si seppe approfittare della situazione per creare e costruire, ma alla base di tutto c’erano delle visioni (Università, LAC, Cardiocentro, Centro di calcolo, per citarne alcune) che hanno permesso di diventare la nona città e la terza piazza finanziaria della Svizzera.

A due legislature dal termine di un lungo periodo caratterizzato da una lungimirante guida, che sicuramente in qualche errore di percorso è inciampata pure lei, ma si contano più successi che fallimenti, ci troviamo oggi di fronte ad una situazione di stallo, caratterizzata dai lunghi tempi politici per ogni decisione da prendere (con la conseguente perdita di occasioni) ed in presenza, come lo ha definito qualcuno, di un gigante con i piedi di argilla.

Lugano ha perso la sua capacità di far sognare i luganesi, di proporre progetti condivisi di lungo termine e soprattutto di realizzarli in comune accordo. Il calo demografico è uno dei tanti segnali di questo recente decadimento. Il PSE da solo non basterà a bilanciare le brutte notizie di queste settimane, dove si sono persi i lavori di ingrandimento del pronto soccorso da parte dell’EOC, si è di fronte a tre ricorsi per la futura gestione dell’aeroporto (con relativo rallentamento del suo rilancio) e sfuma quasi sicuramente, anche lei verso Bellinzona, la sede dello Swiss Innovation Park.

Il Polo dei Congressi, obbiettivo dichiarato della Città ad inizio legislatura (durata oltretutto un anno di più) ancora oggi è in alto mare, così come gli aggiustamenti del PVP, tanto richiesti da commercianti e cittadini, e la definizione del Masterplan per la riqualifica del lungolago e del centro (prevista per fine 2020).

La prossima legislatura dovrà ridare fiducia alla popolazione, ritrovare l’orgoglio perso che possa fungere da volano per tornare a far girare a pieni giri il motore della nostra economia. Coniugare obbiettivi di rilancio di breve termine, che devono per forza passare dai settori turismo e cultura, ad oggi già presenti ed immediatamente “spendibili”, con quelli di medio periodo che devono poggiare su formazione, innovazione ed investimenti anticiclici. Si dovrà in particolar modo tornare ad ascoltare i reali bisogni delle persone e riattivare un dialogo costruttivo tra forze politiche per il bene della città e per la condivisione dei progetti su cui basare la ripartenza.

La speranza è che anche Berna e Bellinzona facciano la loro parte, erogando immediatamente e senza ulteriori ritardi gli aiuti promessi ai casi di rigore, prima di ritrovarsi con un tessuto economico in coma irreversibile e la incapacità di ripartire, causa fallimento, delle numerose attività colpite dalla chiusura forzata.

Lugano dovrà infine saper definire la sua futura forma, e su questa costruire il suo successo. Vogliamo essere città turistica, di cultura, attrattiva ed innovativa? Se si, allora che si promuova finalmente questa immagine, si mettano in rete le realtà presenti sul territorio (soprattutto i protagonisti di turismo, cultura e formazione), si proceda alla completa digitalizzazione dei processi e servizi e si mantengano gli obbiettivi delle linee di sviluppo approvati. Solo la certezza di vedere realizzati gli impegni presi da parte del pubblico può attirare gli investimenti ed i capitali dei privati, che potranno ritrovare, oltre che un fertile terreno su cui crescere, la fiducia nella politica.