Quella domestica è la forma di violenza più diffusa ma anche la più sommersa poiché da sempre considerata una questione privata: una vergogna da nascondere, spesso con esiti drammatici; non solo fenomeno sociale ma anche economico. Viene da chiedersi se l’incremento significativo potrebbe essere legato all’emergenza coronavirus, dopotutto la maggior parte delle persone in Svizzera trascorre molto più tempo del solito fra le proprie quattro mura.

Le nuove emergenze non facciano però dimenticare quanto la violenza domestica abbia una lunga storicità e per comprenderla è necessario andare alla sua genesi psichica e culturale. Il maltrattamento è un fenomeno interattivo che trova le sue radici nella relazione tra l’uno e l’altro e acquista significato solo comprendendo il contesto e il «gioco delle parti». Vi è da chiedersi se rinunciare a un lavoro retribuito possa aumentare il rischio di violenza domestica. I dati su questo tema sono difficili da rilevare e non si può stabilire una causalità lineare tra i due fenomeni e non avrebbe nemmeno senso farlo.

Occorre piuttosto riflettere sulle donne che lasciano, oppure sono costrette a lasciare, il lavoro per l’impossibilità di dividere i carichi di cura, necessario confrontarsi con la realtà: non sempre restare a casa si tratta di una scelta. Sono ancora pochi i casi in cui la donna davvero sceglie in modo libero tra due vie ugualmente praticabili. Il resto è rinuncia, più o meno volontaria, a un lavoro retribuito.

Uno degli ambiti più delicati per la coppia è allora la gestione del denaro; quando non ci si approccia in maniera sana a questo argomento, diventa una delle principali cause di disaccordo e frustrazione in molte economie domestiche. L‘abuso economico è una delle declinazioni più comuni delle sopraffazioni che le donne coinvolte in una relazione inquinata e dispotica sono costrette a subire. Uno strumento infido per tenere la vittima sotto controllo, e man mano portarla a perdere l’autostima e ad addentrarsi nel mondo oscuro di ansia e depressione.

Quando ai maltrattamenti fisici del marito/compagno si unisce la violenza economica, le conseguenze della sottile e infida trama di tale prevaricazione e l’oggettiva carenza di mezzi di sostentamento assumono tratti ancora più drammatici in quanto finiscono col divenire ostacoli per le donne vittime di violenza domestica nella strada da percorrere per allontanarsi dal contesti familiari violenti. In questi casi l’abbandono dell’ambiente violento diventa per le vittime estremamente difficile. Il timore di non riuscire a provvedere a sé e, soprattutto alla prole, porta in molti casi ad uno stato di immobilità spesso alimentato dalle minacce del partner e dalle denigrazioni circa la capacità di far fronte agli oneri economici nonché dalla concreta carenza di mezzi cagionata dal protratto isolamento. Considerato come nell’attuale mondo del lavoro possa essere difficile entrare per la prima volta oppure una riprendere dopo anni d’assenza anche questo elemento di riflessione non deve essere assolutamente trascurato.

Noi Donne Liberali Radicali siamo parte di questa riflessione e per il diritto di vivere fuori dalla violenza. A Berna le nostre esponenti sono attive con atti parlamentari come la mozione della presidente delle Donne Plr nazionali Susanne Vincenz-Stauffacher. Adottata in maggio dal Nazionale, il dossier è agli Stati. Chiede al Consiglio federale di istituire o coordinare una rete nazionale di consulenza professionale, operativa 24 ore su 24, per le vittime di violenza, come previsto dalla Convenzione di Istanbul ratificata nel 2017 dalla Svizzera e in vigore dal 1° Aprile 2018.

Mari Luz Besomi-Candolfi, presidente Donne Liberali Radicali Ticinesi.