A Pechino è iniziato il vertice dei BRICS che non è una fabbrica di biscotti, bensì un fortunato acronimo per Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica. Una grande riunione internazionale che fa gioco anche a Putin, sebbene alla riunione sarà presente solo virtualmente via video.

Sarà anche la prima importante riunione internazionale dall’inizio della guerra in Ucraina. I cinque paesi rappresentano il 40% della popolazione mondiale ed il 23% della produzione di beni e servizi del pianeta (PIL).

Saranno presenti di persona l’amico cinese di Putin, Xi Jinping, l’indiano Narendra Modi, il brasiliano Jair Bolsonaro ed il sudafricano Cyril Ramaphosa. A guidare la riunione il padrone di casa Xi Jinping.

BRICS non è un cartello, un trattato, un mercato unico, men che meno un’alleanza. Certamente è invece un segno tangibile come sostiene Pechino della necessità di cambiare l’ordine mondiale. Può il 40% della popolazione mondiale contare così poco nella politica mondiale? Evince quanto ormai sia anacronistico che il pianeta sia retto dai G7, dalle Nazioni Unite con le loro regole antiquate. A Pechino, la sua gran cassa, ha sottolineato il diritto di essere più ascoltati di questo gruppo che un tempo era composto da paesi emergenti. Ora la Cina ad esempio è sul secondo gradino più alto dell’economia mondiale. L’obiettivo, ha annunciato la stampa cinese, è di “iniettare energia positiva nel mondo afflitto da turbolenze e sfide”. Non solo, il Ministero degli Esteri cinesi ha ricordato che la Cina lavora con impegno per allargare il gruppo ad altri paesi del Sud del mondo. Sono in corso pour parler con ArgentIna, Messico, Egitto, Nigeria, Emirati Arabi, Arabia Saudita ed altri. Il ruolo cinese dovrebbe funzionare da federatore degli emergenti, focalizzando la strategia sulle crisi alimentari puntando alla soluzione del problema della fame nel mondo. Il Global Times, giornale nazional comunista di Pechino (definizione di Santevecchi del CdS) sostiene che “i BRICS guidati dalla Cina porteranno aria fresca, contro le cricche e circoli chiusi come i G7 occidentali”. Ripete il tema noto che il capitalismo è ormai superato e che gli Usa sono in un declino irrimediabile. Il tutto non è così semplice perché i problemi in essere fra questi paesi sono noti ed evidenti.

Per esempio la rivalità India-Cina, ricordiamo a giugno 2020 gli scontri a fuoco sui confini himalaiani. Da aggiungere che la crisi ucraina ha creato nuove fratture, dei BRICS Plus, che Pechino lavora per integrare. Ben sette all’Onu hanno votato contro l’invasione russa dell’Ucraina e sei si sono astenuti.

Putin quindi, con la riunione BRICS, non sarà isolato, ma con molti contrari alla sua politica. Sarà invece un successo strategico per Pechino perché riunisce anche paesi non proprio amici, come l’India, per rafforzare un fronte anti-Usa.

La politica di Xi funziona bene. Ha approfittato per far sentire la sua voce, per confermare il suo supporto a Putin, l’amico eterno, e per tuonare contro le sanzioni occidentali, inutili e dannose, definendole un boomerang che alla fine faranno male a tutti “trasformando i rapporti economici in armi”. Xi continua a non condannare l’invasione dell’Ucraina e ha espresso la sua negatività all’allargamento della Nato (senza nominarla). Ha aggiunto che “l’allargamento delle alleanze militari, la ricerca ossessiva di sicurezza per una parte a spese dell’altra portano solo ad un dilemma perché la sicurezza è indivisibile”.

Niente aiuti ufficiali ai russi, la Cina è attentissima a non urtare Washington, ma allo stesso tempo, il mese scorso, l’importazione cinese di energia tramite gasdotti siberiani o mediante navi è aumentata del 55%, importando meno dal Medioriente.


La Cina fa i suoi interessi geopolitici, sostiene di fatto la Russia e lavora per allargare le sue alleanze in chiave anti americana.

V.Volpi