Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta affrontando le crescenti proteste di massa volte ad esprimere tutta la loro opposizione al piano del governo intento a riformare il sistema giudiziario.

Contestazioni che rischiano di minacciare la paralisi nazionale e che sono in aumento in tutto il paese, soprattutto domenica dopo l’annuncio del primo ministro Netanyahu di aver licenziato il ministro della Difesa Yoav Gallant, che si era espresso contro i controversi piani, chiedendo al governo una pausa di riflessione per rivedere alcuni punti della riforma sulla magistratura.

A Gerusalemme, la polizia ha usato i cannoni ad acqua contro i manifestanti che si sono avvicinati alla casa di Netanyahu. È perfino impossibile avvicinarsi alla Knesset, il Parlamento monocamerale di Israele con 121 seggi, in quanto parchi e strade che lo circondano sono pieni di così tante persone che cantano, suonano tamburi e sventolano la bandiera nazionale di Israele bianca e blu.

Una folla di centinaia di migliaia di persone scese nelle strade che rappresenta un grande movimento di protesta comprensivo di giovani, anziani, religiosi, laici, ashkenaziti e mizrahi, i quali non si erano mai sovrapposti in precedenza in una manifestazione di rabbia. Le università, i sindacati dei lavoratori, gli ospedali, centri commerciali e la compagnia di bandiera El Al, hanno annunciato uno sciopero generale e l’aeroporto internazionale ha interrotto a tempo indeterminato i voli in partenza.

Tra una serie di proposte del governo di Netanyahu, spicca la possibilità per una maggioranza semplice di 61 membri della Knesset, di annullare quasi tutte le sentenze della Corte suprema israeliana e consentire ai politici di nominare la maggior parte dei giudici. Suggerimenti indicati dal ministro della Giustizia Yariv Levin, appartenente allo stesso partito politico Likud, e dal deputato sionista religioso Simcha Rothman che presiede il comitato per la legge e la giustizia presso il Parlamento.

Sia Levin che Rothman provano un odio di lunga data per la Corte suprema, considerata troppo potente e prevenuta nei confronti del “movimento dei coloni in Cisgiordania” della comunità ultrareligiosa d’Israele.

La riforma renderebbe anche più difficile per i tribunali rimuovere un leader ritenuto non idoneo alla carica, un fatto che fa arrabbiare in quanto palesemente a favore di Netanyahu che deve affrontare un processo in corso per corruzione. Proprio questo processo ha innescato quattro anni di crisi politica.

Dopo cinque elezioni dal 2019, nelle quali i politici di entrambe le parti non sono riusciti a formare dei governi stabili, quelle tenutesi per la sesta volta lo scorso novembre hanno portato ad una netta maggioranza grazie ad un blocco di partiti estremisti e religiosi guidati dal partito nazionalista liberale Likud, formando il governo più a destra nella storia di Israele.

Questa mattina il presidente israeliano Isaac Herzog, ha invitato il governo a fermare le riforme. “Per il bene dell’unità del popolo di Israele, per il bene della responsabilità, vi invito a fermare immediatamente il processo legislativo, Gli occhi di tutto il popolo di Israele sono su di voi”, ha dichiarato il presidente Herzog, turbato dalle affermazioni degli Stati Uniti che hannno dichiarato di essere profondamente preoccupati per gli sviluppi e chiesto un compromesso.

Ma il primo ministro Netanyahu ritarderà il disegno di legge sulla riforma giudiziaria di alcune settimane nel mezzo delle proteste. “Chiedo a tutti i manifestanti di destra e di sinistra, di comportarsi in modo responsabile e di non agire con violenza. Siamo fratelli”, ha scritto su Twitter oggi pomeriggio.

Il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, uno degli alleati di estrema destra di Netanyahu, gli ha ricordato di “non arrendersi all’anarchia”. Ma il caos al momento si è dilagato in tutto il Paese.