Ho incontrato per la prima volta Carlotta Zarattini in casa di Arminio Sciolli, a Pura. Mentre tutti si abbuffavano selvaggiamente sulla (meravigliosa) torta “Rodchenko”, noi abbiamo scambiato alcune frasi, non molte. Abbiamo parlato del Turba e abbiamo pensato, entrambi, che una bella intervista su questo spazio associativo e creativo che è oggi sulla bocca di tutti andasse fatta.
Quante volte si progettano (sinceramente) cose che poi non si faranno. Ah, ma noi non siamo così! Un’intervista di Francesco De Maria.
Alcuni anni fa
Francesco De Maria Si presenti ai lettori di Ticinolive: le sue origini, la sua famiglia, i suoi studi, le sue attività. Il suo rapporto con Lugano.
Carlotta Zarattini Sono nata in un paesino in provincia di Padova e insieme alla mia famiglia ci siamo trasferiti a Lugano quando avevo 7 anni. Sono cresciuta qui, poi ho studiato lettere a Bologna e fotografia a a New York e a Milano. Ho viaggiato molto facendo fotografie, e tre anni fa sono tornata a Lugano, dove ho aperto insieme a degli amici lo Spazio 1929 e poi, l’anno scorso, il Turba. Anche se ho sempre considerato Lugano come la mia casa, il posto dove tornare, non avrei mai pensato di aprire degli spazi culturali qui. Ma succedono sempre delle cose nella vita, delle occasioni, ed è bello saperle cogliere.
Mi descriva questo appartamento di via Cattedrale 11, nel quale ci troviamo, ora che è diventato la sede del Circolo Turba.
CZ La prima volta che ho visto questo appartamento ho subito pensato che fosse un posto magnifico che avrei voluto condividere con altre persone. L’appartamento era stato disabitato per tanti anni, ma c’era ancora un’energia di vita molto forte. Non ne conoscevo la storia, ma ogni angolo, ogni parete, aveva qualcosa da raccontare. Il palazzo in cui si è insediato il Turba è del ‘600, le volte sono affrescate, i soffitti alti, i pavimenti in cotto. Ci sono sei stanze, ognuna arredata in modo diverso e spesso ci divertiamo a trasformarle, anche in base agli eventi che proponiamo. In un anno il Turba è diventato un bellissimo luogo d’incontro, un punto di riferimento per la città, un posto dove venire a scoprire delle cose, dove stare al sicuro, dove imparare qualcosa e stare bene. Prima di tutto per me, il Turba è un contenitore di esperienze, un canale attraverso cui scoprire la vita, mettersi in gioco, crescere.
Come se lo immagina, al tempo in cui era l’abitazione del professor Romano Amerio?
CZ Lo immagino come un luogo di incontro, di scambio, una casa sempre aperta. La casa di un vecchio professore che accoglieva i suoi amici e i suoi allievi per raccontare le sue storie e ascoltarne di altre. È stata una bellissima sorpresa sapere che il professor Amerio avesse vissuto qui: senza saperlo stavamo cercando di far rivivere la sua casa in un modo probabilmente simile a come la viveva lui.
Che cosa sa di lui?
CZ So quello che mi ha raccontato la gente. Non ho mai letto un suo libro, ma so che è stata uno studioso di riferimento molto importante, non solo in Ticino ma anche nel mondo. Recentemente l’ho ritrovato nella bibliografia di un libro di James Campbell (L’eroe dai mille volti).
Come mai ha avuto l’idea di fondare un’associazione? Ha fatto tutto da sola?
CZ L’idea del Turba è nata in modo molto naturale tra un gruppo di amici: avevamo voglia di creare qualcosa di diverso a e per Lugano, uno luogo che andasse al di là dei solito bar, che proponesse qualcosa di nuovo e di diverso, che fosse una casa, un luogo in cui incontrarsi. Avevamo lavorato insieme per l’AM, l’Arte della Memoria, un evento culturale, una sorta di happening di due giorni a Gentilino nell’ex Villa Ambrosetti, e dopo quell’esperienza abbiamo sentito il bisogno di qualcosa che durasse di più.
Come funziona il Circolo? Quali attività vi si svolgono? Chi ne sono i frequentatori?
CZ Il circolo è riservato prevalentemente ai soci, che pagano una quota annuale di 80fr. Siamo aperti tre giorni alla settimana (giovedì venerdì e sabato) e ogni sera proponiamo un evento culturale: incontri, presentazioni, concerti live, dj set, cene, degustazioni, spettacoli di teatro, proiezioni di film eccetera. La gente viene ma non è obbligata a partecipare agli eventi. Può anche stare al bar, bersi una birra, leggersi un libro. Credo che sia questo il valore aggiunto del Turba: dare delle possibilità, ma senza obbligare nessuno. Chiunque è libero di essere sé stesso e lo dimostra anche il fatto che abbiamo soci di tutte le età, con interessi e lavori molto diversi tra loro.
Siete finiti anche sui giornali… Ci sono stati contrasti, lettere di avvocati. Chi sono i vostri “nemici”? Che cosa vi rimproverano? Le cose si sono sistemate?
CZ Nemici credo che non ne abbiamo, o almeno non ne vogliamo avere. Come ogni luogo d’incontro, anche il Turba attira delle persone e inevitabilmente queste persone fanno rumore. Per chi era abituato ad una via Cattedrale totalmente silenziosa, accettare l’insediamento di un circolo culturale è stato ed è ancora difficile. Ma credo che tutti abbiamo diritto di vivere (e far vivere) Lugano, ovviamente nel rispetto degli altri. Da parte nostra c’è sempre stata apertura e voglia di comunicare con queste persone nel tentativo di trovare un compromesso o comunque un dialogo. Purtroppo da parte loro questa voglia è mancata e hanno preferito far scrivere lettere ai giornali dal loro avvocato. Per fortuna, essendo in regola con i permessi, non abbiamo niente da temere.
Ci parli della musica del Turba. E… chi viene a suonare da voi? Anche esecutori importanti?
CZ Al Turba vengono a suonare molti musicisti, più o meno famosi. Cerchiamo di dare spazio a tutte le persone che hanno qualcosa da dire e che lo dicono bene. Molti sono emergenti, artisti locali, studenti del conservatorio, e poi ogni tanto viene a trovarci qualche gruppo straniero. Il Turba è in continua crescita ed evoluzione e ora stiamo lavorando alla programmazione del prossimo autunno e ci saranno probabilmente delle belle sorprese..
Ai vostri soci proponete attività di altro genere? Si può venire al Turba anche solo per chiacchierare o per vedere chi c’è?
CZ Da febbraio 2015 ad oggi abbiamo proposto più di 200 eventi: incontri, proiezioni di film, concerti, dj set, gite, visite a musei, cene, degustazioni, spettacoli teatrali, performance, workshop…l’arte ha mille forme ed è bello aprirsi e scoprire sempre voci nuove. Ogni sera, in base all’evento che proponiamo, l’atmosfera cambia, e anche chi viene solo per chiacchierare e vedere chi c’è, vien comunque contagiato e l’esperienza è sempre diversa.
Lei vive tra Milano e Lugano. Trova la piccola Lugano un po’ provinciale?
CZ Milano è già una città molto provinciale rispetto a metropoli più grandi come Berlino, Londra, New York… quindi sì, direi che Lugano è abbastanza provinciale. Ha molti limiti, è molto chiusa e conservatrice, anche se finalmente in questi ultimi anni stanno nascendo molte cose interessanti e piano piano la mentalità sta cambiando. Sarà sicuramente un lavoro difficile e lento, ma c’è molto potenziale e vale la pena provarci. C’è poca “fame” forse, è tutto relativamente semplice e comodo e abitandoci il rischio è quello di “sedersi”, di chiudersi, di non rendersi più conto che fuori c’è un mondo. Sono un po’ le dinamiche dei piccoli paesi, tutti si conoscono, tutti parlano di tutti, c’è molta invidia, la gente è frustrata e poi ci si imbruttisce, si parla di niente, si fanno polemiche sterili. Forse sono le montagne, o il Gottardo… ma comunque quando sto a Lugano per tanti giorni ho come la sensazione che fuori non ci sia niente. Allora scappo a Milano o da qualche altra parte e mi sento piccola piccola, mi ridimensiono, e mi ritorna quella curiosità e fame di cose belle e nuove. Lugano per me è un bel posto dove tornare, ma ogni tanto ho proprio il bisogno di andare via.
Al di là del Turba, lei partecipa alla vita culturale luganese? (Mostre, teatro, LAC, ecc.) Frequenta le gallerie d’arte?
CZ Sì, quando posso mi piace frequentare gli altri spazi culturali a Lugano, anche se sono spesso via. La proposta è molto seria e mi piace molto il fatto che ultimamente ci sono sempre più eventi interessanti in contemporanea tra cui dover scegliere. Credo che questo sia un segnale positivo verso una visione più di città.
Segue (o, addirittura, si appassiona) alla vita politica comunale, cantonale, federale?
CZ No. Quando sono a Lugano leggo i (titoli dei) giornali quindi so circa cosa succede, ma mi fermo lì. Per qualche anno mi sono appassionata alla politica italiana, ma poi mi sono annoiata. Ora mi limito a votare (in Italia), cercando di convincermi che abbia senso.
Ci parli della sua attività di fotografa d’arte. Che studi ha fatto?
CZ Ho studiato lettere moderne e storia dell’arte a Bologna, fotogiornalismo a New York e fotografia all’Accademia di Brera (in cui però non mi sono mai laureata). Ho iniziato ad appassionarmi alla fotografia perché mi permetteva di catturare delle emozioni, raccontarle, condividerle. Con il tempo mi sono avvicinata all’arte contemporanea e ora il mio modo di fotografare è cambiato molto. Ho studiato tanto in questi anni e mi interessa molto la scienza con i suoi limiti e le interpretazioni che diamo alle cose. La vita è magia e sono sempre alla ricerca di domande, soprattutto quelle senza risposta. Ad esempio a maggio esporrò durante il Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia un progetto realizzato insieme ad un’altra artista, Francesca Serotti, in cui siamo andate ad indagare la natura di una linea energetica della terra che si chiama “Linea di San Michele”. Una linea dritta, tracciabile su una mappa, che collega varie chiese dedicate a San Michele tra cui la Sacra di San Michele in Piemonte, Mont Saint Michel in Francia, St. Michael’s Mount in Cornovaglia, Skellig Michel in Irlanda. Domande senza risposta insomma, ma che mi stanno dando moltissimi imput per studiare e approfondire temi come la religione, la fede, la vita, la natura..
Aderisce a una particolare corrente? Usa tecniche particolari?
CZ Non mi sono mai posta la domanda. La fotografia per me è una forma di espressione, un modo per raccontare qualcosa. Ognuno, se fortunato, nella vita trova il suo modo per esprimersi e io ad oggi credo che con la fotografia riesco ad esprimere molto quello che ho dentro e quello che sento.
Ho visto che ha un atelier allo Spazio 1929 ? Che cos’è questa “fucina di giovani talenti”? Com’è organizzata e come funziona?
CZ Ho fondato lo Spazio 1929 insieme ad un gruppo di amici tre anni fa. Avevamo bisogno di uno spazio dove lavorare, ma allo stesso tempo volevamo condividerlo con altre persone, convinti che lavorare insieme sia molto più stimolante che farlo da soli. Si chiama coworking, ed è un concetto diffusissimo in tutto il mondo. In Ticino siamo stati i primi, e ora ne stanno piano piano aprendo altri. È molto bello, nascono molte collaborazioni, è come una famiglia, ci si aiuta a vicenda, ci si consiglia. Chiunque può affittare una scrivania, per un tempo determinato o indeterminato.
Come immagina la sua giovane vita nei prossimi 10 anni? Quali attività professionali vorrebbe intraprendere?
CZ Se mi avessero fatto questa domanda tre anni fa avrei detto tutto fuorché quello che sto effettivamente facendo ora. Quindi non saprei come rispondere, credo che ogni cosa porta ad un’altra. Non mi sento di fare programmi, di fare previsioni, ho sempre vissuto così, abbastanza libera e pronta a cogliere le occasioni che la vita mi proponeva. Quindi vedremo… sarà sicuramente interessante!
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