Turismo: urge una gestione aziendale
Il turismo in Ticino nelle ultime settimane ha tenuto banco. Come c’era da aspettarsi, a seguito della dura presa di posizione dei due enti turistici maggiori – quello del Locarnese e quello del Luganese con l’appoggio del Municipio di Lugano – nei confronti di Ticino Turismo e di una revisione della Legge sul turismo mirante ad un ulteriore accentramento, si è scatenata la consueta ridda di prese di posizione a mezzo stampa. E, soprattutto, di commenti faziosi.

Malauguratamente perfino un quotidiano blasonato quale è il Corriere del Ticino, nell’editoriale “La vacanza del signor K.Z in Ticino” pubblicato mercoledì, è caduto nella trappola di una lettura superficiale e qualunquista dell’accaduto. Un tipo di lettura alimentata – ovviamente pro sacoccia – dai vertici di Ticino turismo e dagli organi di stampa ad essi vicini (quelli della cricca $inistroide, R$I compresa). Ma soprattutto: una lettura completamente sbagliata.

Sei punti inequivocabili
Parlare di diatribe, di “guerre di potere locale” invocando come un mantra la pretesa necessità di “stare uniti” e – sotto sotto – di lavare i panni sporchi in casa, significa essere lontani anni luce dalla realtà dei fatti. Alcuni punti devono essere chiariti al di là di ogni dubbio.

Primo: chi, come il presidente di Ticino Turismo Marco Solari, crede (o finge di credere) che “in Ticino queste cose si aggiustano”, va incontro ad un amaro risveglio.
Secondo: non si sta giocando e meno che meno si sta scherzando.
Terzo: non si torna indietro.
Quarto: parlare di “lotte di potere locale” significa travisare i fatti; dare un’immagine fuorviante che, come tale, va rimandata al mittente per direttissima.
Quinto: la contrapposizione, naturalmente creata ad arte dai soliti ambienti e nell’ormai consueta funzione anti-Lugano, tra città e valli, è una bufala.
Sesto: i goffi tentativi di far balenare, dietro l’accaduto, battaglie personali o partitiche sono così ridicoli da non meritare nemmeno un commento.

La vera contrapposizione
Nel turismo cantonale la contrapposizione c’è, ed è una sola. E’ tra chi – i due principali enti locali – vuole un turismo gestito in maniera aziendale, vuole lavorare in base a progetti e a risultati misurabili, e chi invece insiste per perpetuare una gestione politicizzata ed inconsistente.

Il turismo è in crisi. Il turismo è una risorsa preziosa. Esso è veicolo della promozione di tutte le attività economiche del territorio. Turismo vuol dire promozione economica. Pertanto, non possiamo più permetterci di lasciarlo in ostaggio della politica, la quale ne utilizza risorse e cariche dirigenziali come merce di scambio partitocratrica. Questo tipo di gestione, o piuttosto di non gestione, deve finire.

Che la realtà attuale sia proprio questa, lo ha ammesso anche il direttore uscente Tiziano Gagliardi lo scorso 6 luglio nel suo discorso di commiato dicendo di essere stato a più riprese “esasperato dall’eccesso di politica”. Solo i criteri di gestione aziendale, dell’efficacia e dell’efficienza, devono valere. Quindi, altro che cianciare di “battaglia politica”. E’ tutto il contrario. E’ una battaglia “contro” la politica.

Quali sono i marchi?
L’attuale gestione politica e accentratrice di Ticino turismo, condotta nell’ottica del consueto livellamento verso basso tutto cantonticinese (per la serie: chi è in grado di tirare il carro deve venire “rallentato per non creare squilibri”, teorie a dir poco suicidali ma che vengono propalate con la massima naturalezza a Bellinzona e non solo in ambito turistico) misconosce in maniera plateale la realtà.

E la realtà è che, piaccia o non piaccia, il Ticino non è affatto un marchio turistico. Quindi pretendere di costruire – per accanimento politico – su questa base che non c’è, significa disperdere risorse ed energie senza arrivare a nulla. Ovviamente come ticinese spiace a dirlo, ma a sud di Como e a nord di Lindau, il Ticino non l’hanno mai nemmeno sentito nominare. Per questo, tra l’altro, l’esempio scelto dal Corriere del “turista germanico K.Z.” è particolarmente infelice ed evidenzia la non comprensione del problema. In Germania nessuno sa cos’è il Ticino. In tantissimi sanno però cosa sono Locarno, Lugano e Ascona. Anni fa c’era addirittura un’ Opel Ascona. Qualcuno ha mai sentito parlare di Opel Ticino?

Lavorare su progetti
Del resto le cifre lo dimostrano impietose. I marchi turistici conosciuti a livello nazionale e soprattutto internazionale sono Locarno, Lugano, Ascona. Ed è quindi su questi poli d’attrazione che bisogna puntare e costruire, a beneficio di tutto il territorio. Perché il turista attratto dai poli poi viene, ovviamente, indirizzato anche nelle valli. Tentare di far credere che le città misconoscano il potenziale delle zone montane è l’ennesima fandonia che si è sentita nei giorni scorsi. Una fandonia contraddetta dai fatti. La presenza di Lugano nei Comuni di Airolo/Nante e Blenio, con investimenti concreti, è tangibile. Dal 2013 la Val Colla entrerà a far parte di Lugano. L’ente turistico del Luganese si è di recente fusionato con quello del Malcantone. Non si tratta forse di valli e di montagne? Oppure queste a livello cantonale non contano perché sono nel Sottoceneri, e quindi tenute per definizione ad arrangiarsi?

Gestione aziendale significa lavorare su progetti
E questo vuol dire che i poli trainanti locali, con capacità progettuale – in altre parole: gli enti turistici locali forti – vanno sostenuti e valorizzati. Non espropriati di competenze e di risorse da poi disperdere senza ritorno con l’innaffiatoio della politica. Bisogna voltare pagina. Questo non vuol dire che Ticino turismo va cancellato con un colpo di spugna. Ma i suoi compiti devono venire limitati a quelli di coordinamento, di osservatorio e di aiuto alle regioni meno favorite (ma non a scapito di quelle trainanti). E vanno professionalizzati.

Un primo esempio
Il turismo luganese ha conosciuto e sta ancora conoscendo una profonda riorganizzazione, volta a dotarlo di competenze e di mezzi. Obiettivo: migliorare sempre più il prodotto e venderlo sempre meglio. Con i fatti, e non a parole. E con le risorse necessarie, anche in soldoni. Il progetto “Lugano cambia”, che vede la collaborazione del Dicastero Turismo della città di Lugano, dell’Ente turistico del Luganese, dell’agenzia di comunicazione cittadina, di esperti esterni e soprattutto degli attori economici presenti sul territorio (albergatori, esercenti, commercianti) è stata la prima reazione – la prima di una lunga serie: chiaro che da solo non basta – ad un problema: il calo dei turisti svizzero tedeschi. Un progetto pensato, realizzato e finanziato in tempi brevissimi. Azioni. Non bla-bla.

Lorenzo Quadri
Capodicastero turismo
Città di Lugano