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La vicenda della strampalata denuncia contro il CdS per abuso d’autorità a seguito del blocco dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri ha avuto l’epilogo che meritava tale squallido tentativo di uso politico della giustizia.
Ossia: decreto di non luogo a procedere emesso nel giro di pochi giorni. Il Ministero pubblico e la PP Bergomi, titolare dell’incarto, questa volta meritano un plauso. E’ pressoché certo che l’esito dei ricorsi non sarà diverso: i consulenti legali, come pure gli ispiratori (che dovrebbero essere cogniti della materia) dell’improvvida azione giudiziaria avrebbero fatto meglio a suggerire al privato cittadino denunciante di non insistere oltre, dopo il primo plateale smacco. Così non è stato: ci sarà forse almeno la soddisfazione di veder accollare al denunciante cospicue spese legali.

Sabato si è poi appreso di una seconda denuncia, presentata da un altro privato cittadino. Questa volta viene addirittura ipotizzato il reato di appropriazione indebita.
Denuncia ancora più squallida dell’altra, e forse anche in malafede, non essendo manifestamente dati i presupposti del reato invocato. Basta leggere l’art 138 del Codice penale svizzero (Appropriazione indebita) che recita: «Chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (…)». Dove sarebbe l’indebito profitto tratto dal Consiglio di Stato nel bloccare il 50% del riversamento dei ristorni delle imposte alla fonte, dato che detti ristorni si trovano depositati su un conto vincolato e non sono, chiaramente, stati intascati dai tre “ministri” che hanno votato la misura?

Davanti a simili sconcertanti iniziative, mirate a delegittimare con sistemi “all’italiana” un governo che prende decisioni coraggiose non gradite a taluni circoli, c’è da chiedersi chi siano i “pagliacci” (per usare un termine caro all’avvocato Paolo Bernasconi): sono i tre Consiglieri di Stato o sono altri? A volersi togliere lo sfizio, sarebbe divertente valutare delle controdenuncie: si potrebbe ad esempio pensare all’ingiuria o, specie nel caso del secondo querelante, alla denuncia mendace.
Il blocco dei ristorni delle imposte alla fonte è manifestamente una misura nell’interesse del Ticino, giustificata a posteriori anche dalla ministra delle finanze Widmer Schlumpf. Una misura che chi scrive sostiene in pieno, avendola proposta al Consiglio di Stato già parecchio tempo fa, ed avendola pure sostenuta all’interno della Deputazione ticinese alle Camere federali, finendo però nettamente in minoranza.

Spiace che la posizione del Ticino nei confronti della vicina Penisola e del suo ministro delle Finanze, patologicamente antisvizzero, venga indebolita da risibili denuncie penali, che però nel caso concreto costituiscono un sabotaggio degli interessi del Cantone. Stesso discorso vale per le prese di posizione “contro” di chi sarebbe istituzionalmente tenuto, in qualità di presidente del CdS, a difendere le scelte del consesso che presiede.

Lorenzo Quadri, Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi