Gli insegnanti non servono a nulla. Urliamolo tutti insieme. Non è, forse, quello che
molti pensano? L’attuale intellighènzia, non solo ticinese intendiamoci, non perde
occasione per far passare la morale più o meno implicita che quella dei docenti sia “una
categoria privilegiata” che guadagna stipendi del tutto sproporzionati a quello che fa, con
settimane di vacanze retribuite, con il posto garantito a vita, e chi più ne ha più ne metta.
Ne abbiamo avuta dimostrazione in questi ultimi giorni, quando tanti esponenti
politici e non si sono scagliati contro i dipendenti pubblici e del settore sociale che hanno
scioperato, in numero ragguardevole, a Bellinzona, non tanto contro i tagli paventati ma
contro un certo modo di intendere la politica, una politica che considera il diritto stesso di
sciopero come un qualcosa di inaccettabile.
Eppure, tornando ai docenti, si potrebbero citare numerosi studi per dimostrare
che la tanto privilegiata categoria dei docenti è una delle categorie più a rischio per la
sindrome da Burnout, peraltro con un continuo aumento di casi. La sindrome da Burnout
è caratterizzata da esaurimento psicofisico sempre più grave, frustrazione, incapacità di
avere il controllo del proprio lavoro, riduzione delle performance, della concentrazione,
della creatività e sfocia spesso e volentieri nella depressione. Non si tratta di fantasie, ma
di un qualcosa con cui moltissime categorie di lavoratori hanno a che fare.
Ma come? Non stavamo parlando di una categoria di privilegiati, con carichi di lavoro
blandi e poco stressanti? Non dicevamo che gli insegnanti lavorano meno rispetto ad
altre categorie?
Certo, se considerassimo il lavoro del docente come quello di una figura il cui unico
scopo è compilare scartoffie prendendo atto delle differenze intellettive e di rendimento
tra gli allievi, il cui unico compito è prendere atto della situazione di una classe scolastica
senza far nulla se non dare fiato a parole vuote per qualche ora, potremmo essere
d’accordo. Peccato che coloro che oggi si indignano per lo sciopero avvenuto giovedì
scorso, definendolo “poco comprensibile” o, addirittura “assurdo”, dimenticano che i
docenti hanno spesso un ruolo ben più nobile e rilevante. Spetta ai docenti – non solo a
loro ovviamente – tentare di colmare quelle differenze sociali che, di fatto, limitano la
realizzazione di un principio fondamentale delle costituzioni moderne: le pari opportunità
tra gli esseri umani. Gli insegnanti hanno spesso il ruolo di accogliere situazioni
drammatiche ed esigenze umane a volte imprevedibili, pur dovendo continuare a
trasmettere il loro sapere in modo dinamico, creativo, equilibrato. Coloro che sminuiscono
il ruolo dei docenti dimenticano che gli insegnanti hanno il delicato compito di formare dei
cittadini che si appassionino alla cultura, alla letteratura, alla filosofia, alla storia, alla
matematica e non robot e soldatini che sappiano rispondere in coro: sì! Parliamo di
compiti complessi, delicati, profondamente stressanti.
La verità è che certa politica sa perfettamente che il ruolo dei docenti è più che
essenziale. Lo sanno bene i dittatori di ogni epoca i cui primi e più importanti interventi
sono proprio rivolti alla scuola ed alla neutralizzazione della sua funzione educativa: il
luogo dove si possono manipolare le menti, il luogo dove si possono creare uomini
influenzabili e privi di senso critico, che non abbiano il coraggio di esprimere il loro
dissenso: anche con uno sciopero! La scuola è uno dei più importanti farmaci contro la
dittatura, la mancanza di libertà, l’abbrutimento delle istituzioni.
Viviamo in tempi in cui dobbiamo affidarci alla funzione educativa della scuola, che
va rinforzata, incoraggiata, valorizzata. Non è forse questo il motivo per cui Françoise
Dolto parlava di “umanizzazione” anziché di educazione? Ridando dignità ai docenti e, di
conseguenza, alla scuola, potremmo scoprire che una sua recuperata funzione
umanizzatrice potrebbe aiutare a superare quelle profonde crisi in cui sono sprofondati i
nostri figli, sempre più in difficoltà, sempre più depressi, indifesi ed impreparati ad
affrontare le sfide del loro futuro. Potremmo scoprire che alcune risposte sono sotto i
nostri occhi e che consistono nel rispettare il ruolo di chi dedica la sua vita ai giovani che
sono stati privati negli ultimi vent’anni, di figure di riferimento esemplari. Non è un caso
che proprio queste figure, del settore sociale ed educativo, sono proprio quelle che in
questo momento si sentono più prese di mira dalle stesse istituzioni che dovrebbero
sostenerle.
Cristiano Poli Cappelli
Candidato Consiglio Comunale
Lista 12
Costituzione Radicale