Secondo gli ultimi risultati non ci sarebbero le condizioni per formare una coalizione di maggioranza in Israele. Non ha abbastanza supporto il primo ministro Benjamin Netanyahu come non lo ha nemmeno il suo principale rivale, l’ex capo dell’esercito Benny Gantz.

È la seconda volta quest’anno in due elezioni nazionali, che nessuna delle due parti riesce ad avere una netta maggioranza, anche con i probabili partner di coalizione.

Netanyahu puntava a una stretta coalizione con partiti di destra e ultraortodossi, che avevano promesso di garantirgli l’immunità parlamentare mentre prometteva di annettere una larga fascia della Cisgiordania occupata. La sua dipendenza dai partiti ultra-ortodossi avrebbe allargato quella che molti vedono come una influenza sproporzionata su questioni religiose e di stato.

Gantz si è impegnato a creare un governo ampio e duraturo volto a frenare l’influenza degli ultraortodossi, a proteggere le istituzioni della democrazia e dello stato di diritto e a curare le divisioni interne. Si è sempre impegnato a governare dal “centro”.

Ma nelle ore successive alle elezioni, il paese rimane sospeso tra queste due visioni. Netanyahu si è rivolto ai suoi sostenitori intensificando la retorica antiaraba dicendo: “Nei prossimi giorni avvieremo negoziati per stabilire un forte governo sionista e per prevenire un pericoloso governo antisionista”. Il riferimento è diretto ai partiti arabi di Israele che secondo i sondaggi possono rappresentare la terza forza politica del paese. Benny Gantz, leader del partito Blue and White, ha fatto sapere che avrebbe cercato di formare un governo di unità con i suoi oppositori politici membri del Likud di Netanyahu, ma non con il suo leader. “Sembra che per la seconda volta i cittadini di Israele abbiano dato la loro fiducia a noi”.

Con oltre il 91% dei voti scrutinati, non è ancora chiaro chi sarà il prossimo primo ministro del paese. A soli cinque mesi dall’ultima votazione, Israele potrebbe affrontare settimane di febbrili negoziati di coalizione, paralisi politica, imbarazzo e instabilità, rappresentando per Benjamin Netanyahu la più grande minaccia alla carica di primo ministro da quando lo è diventato nel 2009.

Il Likud, il partito nazionalista liberale di destra di Netanyahu, e il partito Blue and White di Gantz, hanno entrambi 32 seggi sui 120 della Knesset. Ciascuno al di sotto dei 61 necessari per assicurarsi la maggioranza parlamentare. In pratica nessun vincitore. Risultati dunque inconcludenti che potrebbero portare anche alla prospettiva di nuove elezioni.

Dato che sia Netanyahu che Gantz richiederanno il sostegno di partiti più piccoli per formare un governo, anche lievi differenze nei risultati ufficiali possono alterare in modo significativo il voto. Così come può incidere sulla formazione del governo la grande affluenza della minoranza araba israeliana che questa volta ha corso sotto un’unica alleanza nel tentativo di aumentare la sua influenza. Strategia che sembra aver funzionato.

La commissione elettorale israeliana ha dichiarato che quasi il 70% degli elettori ammessi hanno votato martedì. Una percentuale leggermente superiore alla volta precedente quando Netanyahu non è riuscito a formare un governo.

I sondaggi suggeriscono che Gantz potrebbe essere la persona incaricata di formare il nuovo governo, soprattutto se riesce a stringere un accordo con i partiti arabi.

Netanyahu, che oggi ha 69 anni, si trova ad un bivio della sua vita politica. Tra poche settimane infatti inizieranno le udienze preliminari per tre casi di corruzione contro di lui e una maggioranza in parlamento lo potrebbe aiutare a garantirsi l’immunità dall’azione penale. L’esito poco convincente di queste elezioni potrebbe mettere però a repentaglio il suo futuro.