Venerdì 20 aprile, Anders Behring Breivik ha affermato di non essere uno psicopatico, anzi di essere, in una situazione normale, un tipo simpatico.

Dopo cinque giorni di processo, il killer di Utoeya prosegue la sua linea difensiva : nessun rimorso, nessun senso di colpa, il suo è stato un massacro compiuto per colpire l’élite che permette l’islamizzazione dell’Europa. Le 69 persone uccise a sangue freddo sull’isola di Utoeya e gli otto morti dell’attentato di Oslo sono state vittime necessarie, legittime.

Nell’aula di tribunale, di fronte agli psichiatri, il 33enne ha giustificato i termini tecnici con cui ha raccontato quanto accadde il 22 luglio 2011 con la necessità di distanziarsi dai suoi atti per poter testimoniare : “Se usassi un linguaggio normale non riuscirei a spiegarmi – ha detto.
Breivik ha insistito per essere riconosciuto penalmente responsabile del suo gesto : “Condannatemi a morte oppure lasciatemi libero.”

Una prima analisi psichiatrica lo aveva definito incapace di intendere e di volere. Un’analisi che l’accusato non condivide : “Se fossi giudicato non responsabile, il mio manifesto di 1500 pagine pubblicato su Internet sarebbe invalidato. Quando si legge qualcosa di tanto estremo si può pensare che si tratti di follia. Ma è necessario fare la differenza tra estremismo politico e follia nel senso clinico del termine.”

Una seconda perizia lo aveva invece giudicato sano di mente e responsabile. La questione della sanità mentale dell’imputato è centrale in questo processo, che durerà altri due mesi.
Se Breivik sarà giudicato non responsabile dei suoi atti rischia l’internamento a vita in un istituto psichiatrico. Se sarà giudicato capace di intendere e di volere, invece, potrà essere condannato al massimo della pena, 21 anni di carcere, una pena che potrà essere rinnovata sino a quando i giudici lo riterranno necessario.